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Cerebroleso: sintomi e terapie necessarie

Le lesioni cerebrali possono portare a disabilità motorie e cognitive, ma grazie al metodo Doman il cervello può essere in grado di auto-curarsi.

Il bambino cerebroleso è un bambino con una patologia potenzialmente invalidante ma, soprattutto, delicata. Ogni caso, infatti, va valutato attentamente prendendo in esame il tipo di lesione riportata dal cervello e la sua estensione. Se non dovesse toccare particolari aree cerebrali, il bambino potrebbe persino svolgere una vita quasi normale.

Lesione cerebrale

Una lesione cerebrale è un danno al cervello che può essere di varia natura e di gravità mutabile. In un bambino cerebroleso i danni permanenti possono avere luogo già prima della nascita oppure presentarsi dopo un trauma di una certa gravità. Le cause dei danni cerebrali già in gestazione possono essere congenite, mentre le lesioni cerebrali post-nascita possono avvenire dopo parti problematici o con travagli troppo lunghi o brevi.

Una lesione cerebrale non necessariamente impedisce al bambino di sviluppare il linguaggio o di muoversi. Ciò avviene solo nei casi più gravi e quando ci si trova di fronte a lesioni cerebrali estese e che comprendono zone del cervello atte a coordinare i movimenti oppure a gestire emozioni e sensazioni.

Una condizione che colpisce un neonato su 400 è la paralisi cerebrale, ossia una condizione patologica per la quale nel bambino risultano inibite le capacità di coordinazione motoria e pregiudicate quelle comunicative.

Nel caso di bambini affetti da danni all’emisfero precoce unilaterale, si noteranno delle defezioni del linguaggio, ma nella norma. A cinque anni, infatti, un bambino affetto da questo genere di danno cerebrale avrà sviluppato correttamente il linguaggio, seppur dando luogo a prestazioni ortografiche e morfologiche inferiori rispetto ai bambini della sua età esenti da patologie.

Lesioni cerebrali sintomi

I danni cerebrali possono essere asintomatici, dopo la nascita, per lungo tempo, a meno che non siano la conseguenza di traumi come, ad esempio, la caduta dell’infante dalla culla o dal lettino. Esistono però dei sintomi specifici, ma non patologici, che possono, col tempo, far comprendere che il bambino sia cerebroleso.

Innanzitutto, bisognerà osservare la congettura fisica alla nascita. Un bambino con una testa troppo piccola o troppo grande rispetto al corpo potrebbe soffrire di danni cerebrali.

Altri marcatori della patologia sono certamente i ritardi nello sviluppo del linguaggio e nell’apprendimento dei movimenti. Fin troppo spesso i bambini con gravi danni cerebrali non riescono a parlare e possono non acquisire in futuro il linguaggio.

Durante la crescita, si possono notare altresì disturbi emotivi, tremori, problemi al sistema nervoso periferico, disattenzione costante ed incapacità di concentrazione, soprattutto per un periodo lungo.

Nei casi più gravi, le lesioni cerebrali possono portare a disabilità motoria e cognitiva o causare un’emorragia cerebrale che può, persino in età adulta, essere il sintomo in grado di scoprire il vaso di pandora e di portare ad una diagnosi.

Cerebroleso cause

Le lesioni cerebrali possono verificarsi in soggetti nati prematuramente oppure notevolmente in ritardo rispetto alla scadenza dei nove mesi. Tra le cause della patologia vi sono, altresì, le numerose radiografie in gravidanza che porterebbero a danni cerebrali nel nascituro. Sono state riscontrate lesioni cerebrali di varia natura anche in bambini nati con un travaglio oltre le 20 ore oppure con un travaglio inferiore ai 60 minuti. Tuttavia, a volte, possono incorrere malformazioni fisiche al comprovarsi della patologia cerebrale. Dopo la nascita, come già accennato, può essere una caduta ad arrecare un danno permanente oppure il sopraggiungere di tumori cerebrali nel bambino.

Le lesioni cerebrali possono essere trattate attraverso un percorso logopedico e neuropsicologico. Il metodo Doman, dal nome del fondatore, si basa sulla legge di compensazione del cervello umano e sulla sua capacità di auto-riequilibrarsi e rigenerarsi. Con questo metodo, si andrà a stimolare la zona lesa, escludendo categoricamente l’ipotesi di un intervento chirurgico.

Scritto da Azzurra Lorenzini
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