Che cos’è il travaglio
Quando ci si riferisce al travaglio, bisogna pensare ad un lasso di tempo che può anche essere di alcuni giorni. Infatti, il travaglio inizia con le prime irregolari contrazioni che indicano che all’interno del corpo materno qualcosa sta cambiando. Tali modificazioni sono necessarie per permettere alla donna di partorire. Innanzi tutto, chiariamo il reale significato della parola travaglio. Con tale termine ci si riferisce all’insieme delle manifestazioni dolorose che precedono il parto vero e proprio, cioè l’espulsione del feto. Il travaglio è perciò il periodo che precede il parto ed è caratterizzato da contrazioni regolari che permettono la progressiva dilatazione della cervice. L’utero, infatti, è fatto di muscoli che, durante le contrazioni, si accorciano e allungano. Alla base dell’utero, sopra la vagina, c’è la cervice, che subisce delle modificazioni per permettere il passaggio del bambino.
Quando si hanno le contrazioni senza dilatazione della cervice, significa che si è in pre-travaglio o fase latente e non in travaglio avviato. Infatti anche durante la gravidanza, e in particolare nell’ultima parte di essa, il corpo manda dei segnali in qualche modo simili a ciò che avverrà durante l’ultima fase. Si tratta di piccole contrazioni preparatorie, del tutto normali anche se un pochino fastidiose. Quando però arriva il vero e proprio momento del travaglio, quando perciò siamo giunti al termine della nostra gravidanza e finalmente manca poco al nascita del nostro bimbo, i segnali sono del tutto inconfondibili. Vediamo ora le fasi in cui viene diviso il travaglio.
Fasi del travaglio: quali sono
Proviamo a vedere quali sono nel dettaglio le fasi in cui viene diviso il travaglio. La prima fase è chiamata “Periodo prodromico”: è quell’arco di tempo che precede l’avvio del travaglio vero e proprio, in cui le contrazioni sono ancora irregolari e di intensità variabile. Può durare alcuni giorni o solo alcune ore, questo dipende da donna a donna. In questa fase, durante la quale avvengono delle trasformazioni nel collo dell’utero, che si porta in asse con la vagina e si appiana, diventando una cosa unica con il corpo dell’utero, può capitare di avvertire dolori alla schiena o al basso ventre, molto affini ai comuni dolori mestruali. Lo spostamento del collo dell’utero potrebbe essere causa di piccole perdite di sangue, di cui però non serve preoccuparsi. In questa fase, si espelle il tappo mucoso (secrezione biancastra mista a sangue) che proteggeva l’utero dall’esterno e può avvenire anche la cosiddetta rottura delle acqua, ovvero la lacerazione del sacco amniotico. Se tale rottura non avviene spontaneamente, sarà l’ostetrica a provvedere artificialmente. Una volta giunte a circa 4 cm di dilatazione, si entra nel travaglio vero e proprio che si divide a sua volta in tre fasi.
La seconda fase si chiama “Fase attiva del travaglio”: il collo dell’utero si dilata, l’allungamento della cervice innesca la produzione di ossitocina e questa genera contrazioni che divengono più vigorose, ravvicinate e regolari, atte perciò a far nascere il bambino.
La fase successiva, quella che porta alla nascita del bimbo, è detta “Fase espulsiva del travaglio”: la dilatazione è ormai in stato avanzato, all’incirca intorno agli 8-10 cm, e la nascita del piccolo è imminente. Uno dei segni più evidenti è dato dall’impellente bisogno di spingere; è però bene aspettare sempre il momento indicato dall’ostetrica per farlo, per evitare lacerazioni dolorose. In genere, la fase espulsiva dura da una mezz’ora a un’ora, ma i tempi potrebbero anche dilatarsi. Nel caso in cui i tempi dovessero allungarsi, per evitare sofferenze al bimbo e alla mamma, i medici possono intervenire direttamente effettuando delle manovre che aiutano l’espulsione. In alcuni casi, l’ostetrica potrebbe operare l’episiotomia, un’incisione tra vagina e ano che favorisce la nascita del neonato.
Quando il bimbo è nato e i dolori si sono come per magia placati dopo aver sentito l’inconfondibile pianto del neonato, inizia la quarta e ultima fase del travaglio, detta del “Secondamento”: dopo l’espulsione del bimbo, deve infatti essere espulsa anche la placenta che lo conteneva. Questo in genere avviene nel tempo di una mezz’ora. Al termine di questa fase, la mamma verrà disinfettata e le verranno applicati dei punti di sutura, se necessario.
Quando avviene il parto
Non esiste un sistema infallibile che possa stabilire a priori in quale momento avverrà il parto. La maggior parte dei bambini nasce intorno alle 40 settimane di gravidanza, calcolate convenzionalmente a partire dall’inizio dell’ultima mestruazione. Quella dell’ultimo ciclo è una data teorica, calcolata a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione. Tuttavia, sono perfettamente normali anche i parti che avvengono fino a due/tre settimane prima e una/due settimana dopo tale data presunta del parto; si considerano perciò a termine anche le gravidanze tra le 37 settimane +0 giorni e le 42 settimane +0 giorni.