Cosa sapere sull’alcol in gravidanza

Bere in gravidanza è uno dei maggiori fattori di rischio per l'insorgenza di alcune patologie legate allo sviluppo del feto. Ecco tutti gli effetti degli alcolici sul bambino.

La cosa migliore, durante la gravidanza, sarebbe smettere di bere alcolici. L’affermazione è addirittura ovvia. Le bibite gasate dovrebbero essere ridotte al minimo, al pari del caffè, mentre l’acqua è sempre la benvenuta.

Cosa bere quando lo stato è… interessante

Non c’è dubbio sul fatto che l’etanolo – ecco il primo dato -, noto come alcol etilico o semplicemente alcol, sia nocivo per il nascituro, anche se è la mamma a ingerirlo. Passando per la placenta, infatti, esso raggiunge il sangue del feto. Secondo il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il danno può manifestarsi a livello cerebrale e colpire i tessuti, che sono in fase di sviluppo. Naturalmente, l’entità del danno stesso è proporzionale alla quantità e alla tipologia degli alcolici assunti. Non bisogna dimenticare – questa è la seconda evidenza – che solo gli adulti sono in possesso degli bcapaci di metabolizzare l’alcol.
Sui danni causati a coloro che si limitano ad un consumo “leggero”, cioè assumono quantità modiche di sostanze alcoliche nemmeno troppo pesanti, i dati a disposizione non sono molti. In attesa di capirne di più, però, il buonsenso consiglierebbe un atteggiamento più cauto. Qualche precauzione ulteriore, in effetti, di certo non guasta.
Resta vero che, quanto più alta è la gradazione della bevanda consumata, tanto maggiori sono le probabilità di causare problemi al feto o di complicare il processo gestazionale.
È sempre l’Istituto Superiore della Sanità a ragguagliare il lettore: perché si possa parlare di vera e propria “abitudine al bere”, è necessario assumere due o tre bicchieri al giorno. Un semplice conteggio, quindi, indica che chi non rinuncia ad una quindicina di drinks settimanali appartiene alla categoria degli “abitudinari”. Ovviamente, ciò non significa che bere una decina di bicchieri costituisca una buona abitudine. L’uso “disinvolto” di alcolici da parte della madre potrebbe addirittura causare aborti e parti prematuri. Nei casi più gravi, è possibile la comparsa di una sindrome chiamata “alcolicofetale“, la quale influisce pesantemente proprio sullo sviluppo di quanto si trova all’interno dell’utero, generando un’anomala evoluzione a livello facciale (si pensi alla testa e agli occhi di dimensioni più piccole rispetto al normale, tanto per fare un esempio). Alla sindrome alcolico-fetale sono associati pure disturbi di natura psicologica e neurologica, che hanno delle ricadute negative sul sonno, sul riflesso di suzione, sul movimento, per non tacere della percezione dei suoni e dell’articolazione del linguaggio.
Se è così alto il rischio, verrebbe da dire, sarebbe forse il caso che le mamme si ponessero dei limiti, almeno in questa delicata fase della vita.

Quando smettere? Il prima possibile

A breve distanza dal concepimento, il feto è già formato: ecco comparire in poco tempo il cuore, il cervello e la struttura scheletrica.
L’urgenza di troncare con gli alcolici, però, è senza dubbio maggiore nel momento in cui la donna che desidera rimanere incinta non ricorre ad alcuna forma di contraccezione (diversa da quella naturale). Il fatto di non programmare la nascita del proprio figlio, in effetti, rende la partoriente più vulnerabile, dal momento che il concepimento stesso potrebbe verificarsi quando l’assunzione di alcolici è cospicua.
Ancora due consigli, prima di concludere.
La caffeina (ma anche la teina), si diceva, dovrebbe essere assunta con moderazione. Una tazzina di caffè al giorno è più che sufficiente. Consumata al mattino, aiuta il risveglio e non fa mancare alla gestante il caratteristico aroma del caffè. Niente bevande gasate, i cui zuccheri contribuiscono al rialzo della glicemia e del diabete gestazionale. La cosa migliore da fare, in definitiva, è sempre la stessa: bere acqua, tanta acqua.

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