In Italia preoccupa la crescita dell’obesità che interessa sei milioni di persone e addirittura un bambino su quattro. E per l’Istituto Superiore di Sanità è in sovrappeso un adulto su due. La nuova generazione di farmaci riesce a dare migliori risposte e gli esperti della Società italiana di endocrinologia puntano alla nuova sfida: la personalizzazione delle cure
di Redazione Mamme Magazine
Adulti come bambini (sempre di più) hanno a che fare con problemi di peso. In particolare risulta di difficile gestione l’obesità, che segnava alti tassi di fallimento nelle terapie iniziali con una conseguente frustrazione sui pazienti. Invece i farmaci di nuova generazione possono dare una svolta epocale. Si tratta di semaglutide, toccasana per il cuore in particolare nei pazienti diabetici con obesità, e di tirzepatide, nuova molecola che agisce su due ormoni intestinali con una perdita di peso di oltre il 20 per cento. Se, con le precedenti terapie, il tasso di successo iniziale era appena del 30 per cento, ora oltre il 50% riesce a ottenere una significativa perdita di peso al primo colpo.
Affetti da obesità 6 milioni di italiani
I massimi esperti, riuniti a Torino per il Congresso della Società italiana di endocrinologia (Sie), guardano le prospettive del panorama terapeutico e di un approccio più personalizzato al trattamento dell’obesità. A disegnare il quadro è Gianluca Aimaretti, presidente Sie e direttore del Dipartimento di Medicina Translazionale (Dimet) dell’Università del Piemonte Orientale: “Nel nostro Paese, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, 1 adulto su 2 è in sovrappeso, circa 23 milioni di persone, mentre 6 milioni, quasi il 12% della popolazione, soffre di obesità”. Sottolinea la difficile gestione in passato, “con un tasso di oltre il 70% di fallimento nelle terapie iniziali. Oggi, grazie a farmaci di nuova generazione, stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione terapeutica che, oltre a offrire una speranza concreta a milioni di persone, promette anche di trasformare radicalmente la gestione della salute metabolica e cardiovascolare”.
Verso una medicina di precisione
Lo specialista precisa: “Non si tratta più solo di perdere peso, ma di offrire soluzioni personalizzate che tengano conto del profilo metabolico e del rischio cardiaco di ciascun paziente. Tuttavia, nonostante i recenti progressi abbiano portato a risultati mai visti, proprio in termini di peso, migliorando la comorbilità, e persino riducendo la mortalità cardiovascolare, c’è ancora una variabilità individuale in termini di risposta ai farmaci antiobesità. Anche con quelli più efficaci non esiste una soluzione ‘universale’ e tentativi ed errori per la selezione delle terapie comportano ancora un aumento dei costi e del rischio di effetti collaterali – aggiunge -. Lo sviluppo di un approccio di medicina di precisione è pertanto necessario per ottimizzare i risultati in termini di perdita di peso e individuare i pazienti che rispondono meglio a un intervento specifico”.
Personalizzare la terapia
La semaglutide, ormai punto di riferimento nel trattamento dell’obesità, ha dimostrato di essere molto più di un semplice farmaco per la perdita di peso. Secondo lo studio Score, un’ampia analisi su dati real-world condotta su migliaia di pazienti con diabete di tipo 2, ha rivelato un dato sbalorditivo: l’uso di semaglutide è associato a una riduzione del 57 per cento del rischio di infarto e ictus rispetto ai non trattati.
“Questo risultato rafforza ulteriormente quanto già emerso dallo studio Select, che per primo aveva evidenziato il beneficio cardiovascolare della semaglutide in persone con obesità senza diabete – considera Aimaretti -. Ma le novità non finiscono qui. Lo studio Soul ha esplorato l’efficacia della semaglutide, anche in pillola, in pazienti con diabete di tipo 2 e alto rischio cardiovascolare, dimostrando una riduzione del 14 per cento degli eventi cardiovascolari. Ciò significa che il farmaco è efficace anche in una formulazione alternativa, eliminando la necessità di iniezioni e rendendo il trattamento più accessibile per molti”. Quanto alla perdita di peso, lo studio Step-up ha valutato una dose sperimentale più alta di semaglutide (7,2 mg/settimana), con risultati eccezionali: i pazienti trattati hanno perso in media oltre il 20 per cento del peso corporeo, e uno su tre ha superato il 25 per cento di calo ponderale.
Una molecola innovativa
Desta attenzione inoltre la tirzepatide, una molecola innovativa che agisce su due ormoni intestinali (Gip e Glp-1): nello studio Surmount-5 ha dimostrato una perdita di peso superiore a quella ottenuta con la semaglutide 2.4 mg, a parità di tollerabilità. Sebbene non siano ancora disponibili i dati cardiovascolari ufficiali (Surpass-Cvot), le aspettative sono alte. “È l’inizio di una nuova fase della medicina dell’obesità, finalmente più vicina ai bisogni reali dei pazienti. Questa nuova era – conclude il presidente Sie – segna un passo fondamentale verso una migliore qualità della vita per milioni di individui, offrendo non solo una via efficace alla perdita di peso, ma anche una robusta protezione contro le malattie cardiovascolari”.
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