Per la prima volta una revisione degli studi fatti porta a un quadro più chiaro sui rischi per la salute, di qualità e durata del sonno. Ma serve uno studio sul lungo termine
di Redazione Mamme Magazine
Domenica 26 ottobre le ancette devono essere spostate indietro di 60 minuti per il passaggio dall’ora solare all’ora legale. Però uno studio del Centro di Medicina del sonno dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, in provincia di Isernia, realizzato in collaborazione con altri centri di ricerca, dimostra come il passaggio all’ora legale riduca la qualità e la durata del sonno, in particolare nei cronotipi serali.
L’ora legale: lo studio su 27 precedenti ricerche
Adottata in più di settanta Paesi, l’ora legale è stata introdotta con l’intento di ridurre i consumi energetici e migliorare l’utilizzo della luce naturale. Tuttavia molti lamentano le conseguenze per la salute delle persone, in particolare sul sonno e sulla vigilanza diurna.
Fa chiarezza un’analisi che raccoglie e valuta in maniera critica tutti gli studi disponibili su un determinato argomento, pubblicata sulla rivista Sleep Medicine Reviews. Nel lavoro – guidato dal Centro di Medicina del Sonno dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con Università di Pavia, Fondazione Mondino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Uninettuno e Università di Genova – sono stati esaminati 27 studi condotti in diversi Paesi.
Gli effetti
Appaiono più nette le conseguenze del passaggio primaverile all’ora legale con la diminuzione della durata del sonno, maggiore frammentazione e incremento della sonnolenza diurna. Si tratta di effetti più pronunciati negli individui con cronotipo serale, che soffrono di più di questo orologio sociale: i cosiddetti “gufi”, ossia coloro che si coricano tardi. Sembrano più contenute e talvolta persino favorevoli, con un temporaneo aumento delle ore di sonno, i rientri all’ora solare.
Secondo il neurologo del Neuromed Andrea Romigi l’analisi “mostra come i cambi stagionali dell’orologio incidano sulla qualità del riposo, soprattutto in primavera. Si tratta di effetti in genere transitori, ma che, se ripetuti ogni anno, possono contribuire a un disallineamento tra i ritmi biologici e quelli sociali. Capire questi meccanismi è essenziale per orientare politiche sanitarie e sociali più rispettose della fisiologia del sonno».
Le prospettive di analisi
Le ricerche mostrano che i cambi stagionali, in particolare quello primaverile, hanno effetti misurabili sul sonno e sulla vigilanza. La mancanza di studi basati su polisonnografia, la tecnica di riferimento per analizzare il sonno, rende ancora più importante promuovere indagini future più ampie e standardizzate, capaci di chiarire meglio anche le conseguenze a lungo termine.
Secondo i ricercatori gli studi condotti sinora presentano alcune limitazioni: campioni ridotti, metodologie differenti e strumenti di rilevazione non sempre comparabili. Nonostante ciò, la revisione permette di individuare tendenze comuni e fornisce una base solida per orientare nuove ricerche. In prospettiva, questo tipo di indagini potrà offrire un supporto concreto a decisioni di politica pubblica che tengano conto non solo di criteri economici e organizzativi, ma anche della salute e del benessere delle persone.
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