Bambini in piscina: 7 consigli per limitare gli incidenti in acqua

La stagione estiva riserva accanto al divertimento e al relax alcune insidie per i più piccoli. I consigli dell’Iss per tenere i bambini al sicuro, specie alla luce dei dati: oltre metà degli annegamenti coinvolge gli under 12

di Redazione Mamme Magazine

 

Specialmente con il caldo il bagno al mare e in piscina diventa un’attività piacevole e irrinunciabile. Però non vanno sottovalutate le insidie. Nel secondo rapporto dell’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e incidenti in acque di balneazione si scopre che più di metà degli annegamenti delle piscine riguarda giovanissimi sino a 12 anni.

Il video

È necessario sorvegliare i bambini sempre, come ripetono gli esperti. L’Iss, l’Istituto superiore di sanità, aveva lanciato un video con i consigli per i genitori, insieme a nove Regioni (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto e Sicilia). “Instaurare un corretto rapporto con l’acqua è fondamentale per la crescita dei nostri bambini, e con alcune attenzioni si possono ridurre i rischi che inevitabilmente sono connessi a questo elemento”, aveva dichiarato il direttore dell’Iss. Il video è a questo link ed è protagonista un pesciolino chiamato Salvo che spiega agli adulti cosa fare per prevenire gli incidenti.

I consigli principali

Ecco sette suggerimenti fondamentali:

1. Immergersi preferibilmente in acque sorvegliate dove è presente personale qualificato in grado di intervenire in caso di emergenza.
2. Evitare di immergersi in caso di mare mosso o in prossimità di specchi d’acqua dove sono presenti correnti di ritorno. È essenziale essere consapevoli delle condizioni del mare prima di immergersi.
3. Osservare attentamente la segnaletica e seguire le indicazioni dei sorveglianti. Questo può aiutare a identificare zone pericolose e comportamenti da evitare.
4. Sorvegliare sempre in maniera continuata i bambini in acqua o in prossimità di un qualsiasi specchio d’acqua soprattutto nelle piscine domestiche o private
5. Educare i bambini all’acquaticità fin da piccoli. Insegnare loro a nuotare e a comportarsi in acqua in modo sicuro può ridurre in maniera significativa il rischio di incidenti.
6. Evitare di tuffarsi in acqua repentinamente dopo aver mangiato o dopo un’esposizione prolungata al sole.
7. Evitare tuffi da scogliere o in zone non protette e prestare attenzione a immergersi solo in acque di profondità adeguata.

I dati

Dal rapporto (su database dell’Istat e altre fonti, oltre un’indagine condotta dello stesso Istituto attraverso l’analisi degli articoli sugli incidenti da annegamento sui diversi media nazionali) emerge che ogni anno nel nostro Paese muoiono per  annegamento mediamente 328 persone, di tutte le età e, nel quinquennio 2017-2021 la cifra è pari a 1.642. Il 12.5% (ovvero 206) era tra zero e 19 anni, ossia circa 41 decessi all’anno per bambini o adolescenti (sono maschi per l’81% di tutte le mortalità per annegamento in età pediatrica).

Se il tasso di mortalità è pari a 0,4/100mila abitanti, i casi salgono con l’aumento dell’età (la fascia di età 1-4 anni presenta più casi di quella 5-9 anni), fino ad arrivare agli adolescenti, che da soli coprono il 53.4% di tutti gli annegamenti da 0 a 19 anni. In quasi tutti i casi, il bambino – che non sa nuotare – annega perché sfuggito all’attenzione dei genitori, cade in acqua o giocando finisce nell’acqua alta. Anche le piscine domestiche hanno contribuito a elevare il numero di incidenti e di annegamenti, e il 53% degli annegati nelle piscine sono bambini fino a nove anni.

Le false credenze

“L’acqua, anche quando è una pozza d’acqua o uno stagno, esercita un’attrazione fatale su qualsiasi bambino – chiarisce il curatore del rapporto Fulvio Ferrara –. Nelle piscinette gonfiabili il rischio che un bambino piccolo, che ha da poco cominciato a camminare, si rovesci dentro è molto elevato. Dobbiamo ricordare qui che un bambino caduto in acqua, scomparirà dalla vista entro 20 secondi”.

Negli articoli è frequente la locuzione “il bambino/a è “sfuggito/a” al genitore, che lo ha perso di vista per pochi istanti. Una delle cause più comuni di annegamento infantile è proprio la mancata o inadeguata supervisione da parte degli adulti. In uno studio riportato nel rapporto questi ammettevano, mentre sorvegliavano il loro bambino vicino all’acqua, di aver parlato con altri (38%), di dover sorvegliare un altro bambino, di essere occupati a leggere (18%), di mangiare (17%) e/o di parlare al telefono (11%).

Tra i genitori di bambini tra 0 e 12 anni quasi la metà (48%) credeva erroneamente che avrebbero sentito rumori e schizzi o piangere il loro bambino, se si fosse trovato in difficoltà in acqua. Inoltre il 56% credeva che un bagnino, se presente, fosse la persona principale responsabile della supervisione del proprio bambino, e il 32% ha riferito di lasciare il proprio bambino completamente incustodito in una piscina per 2 minuti o più.

Foto: Pixabay

Leggi anche: Emergenza e bambini in estate, l’esperta di rianimazione pediatrica: “Serve massima attenzione”
Leggi anche: Consigli salvavita: neogenitori, guardate a vista i vostri bambini in mare e in piscina

Condividi su: