Istat, l’Italia si trasforma e crescono le famiglie monogenitore

Dal Rapporto annuale in pillole dell’Istat emerge un’Italia in cui le famiglie sono sempre più piccole e diminuisce la presenza dei nuclei familiari con figli, favoriti da instabilità coniugale, bassa fecondità e posticipo della genitorialità

di M.V.

 

L’Italia si trasforma e lo dimostra la dinamica demografica e sociale dell’Italia fotografata dall’Istat nelle pillole del Rapporto annuale. La popolazione residente – 58 milioni 934mila unità, al primo gennaio scorso e in lieve diminuzione (-0,6 per mille) rispetto a gennaio 2024 – è in costante calo e le famiglie diventano sempre più piccole. Cresce infatti il numero di persone che vivono da sole, così come le libere unioni, le famiglie monogenitore e quelle ricostituite, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli.

Quanto alle condizioni economiche si segnala una fragilità nelle famiglie. La povertà assoluta è stabile rispetto all’anno precedente ma in aumento nel confronto con il 2014. Anche tra chi lavora si diffonde la vulnerabilità economica con l’aumento delle persone i cui redditi non sono sufficienti a garantire un livello di vita adeguato.

Aspetti demografici

La diminuzione della popolazione riflette la dinamica naturale negativa con un numero di decessi (651mila nel 2024) superiore a quello delle nascite, pari a 370mila (il saldo naturale è pari a -281mila unità). La marcata fase di denatalità, che è in atto dal 2008, risulta determinata dalla riduzione delle donne in età feconda (quindi delle 15-49enni, diminuite di 2,4 milioni dal 1° gennaio 2008, 11,4 milioni al 1° gennaio 2025), dal calo della fecondità, scesa nel 2024 al minimo storico di 1,18 figli per donna e dal rinvio della genitorialità.

La riduzione della mortalità nel 2024 (-3,1 per cento sul 2023) conduce all’aumento della speranza di vita alla nascita: 81,4 anni per gli uomini mentre per le donne è 85,5 (quasi cinque mesi di vita in più rispetto al 2023, superando i livelli pre-pandemici). Intanto la popolazione continua a invecchiare: un quarto ha almeno 65 anni (quasi il 25 per cento in apertura d’anno). Cresce in particolare il numero di persone di 80 anni e più (4 milioni e 591mila).

In base alle previsioni il Paese continuerà ad affrontare un calo delle nascite e un aumento della mortalità, con un saldo naturale sempre più negativo. E resta alta l’incertezza sulle dinamiche migratorie che potrebbero contrastare la crisi demografica.

Le famiglie e nuova composizione sociale

Il quadro che riguarda le famiglie le delinea sempre più piccole e frammentate. Nel biennio 2023-2024 a formare il 36,2 per cento dei nuclei sono persone sole (il 40 per cento di persone almeno 75enni e prevalentemente donne) e le coppie con figli scendono al 28,2 per cento. A favorire l’aumento di famiglie senza figli o monogenitoriali sono instabilità coniugale, bassa fecondità e posticipo della genitorialità. La geografia familiare cambia: famiglie ricostituite, coppie non coniugate, genitori soli non vedovi e persone sole non vedove rappresentano oggi il 41,1 per cento delle famiglie.

Padre e madri devono pensare ai figli: il 63,3 per cento degli italiani tra 18 e 34 anni vive con i genitori (si torna al livello del 2019 ma in crescita rispetto al 2010) per le difficoltà a raggiungere l’indipendenza economica in uno scenario complicato dalla crisi economica e dalla pandemia. Inoltre l’abbandono scolastico precoce, sebbene in diminuzione, resta una criticità. Nel 2024, il 9,8 per cento dei giovani tra 18 e 24 anni (soprattutto uomini e cittadini stranieri) lascia il sistema di istruzione e formazione privo di un titolo secondario superiore. Va anche segnalato che, nell’anno scolastico 2023/2024, il numero di alunni con disabilità supera le 360mila unità: un incremento di quasi il 60 per cento in dieci anni. Il numero di docenti impegnati in attività di sostegno, aumentato in proporzione alla crescita degli alunni con disabilità, conta 246mila unità.Purtroppo si registra la carenza di formazione: oltre 66mila insegnanti per il sostegno, il 26,9 per cento del totale, sono privi della relativa specializzazione.

Povertà assoluta: più esposte le famiglie con minori

Resta stabile, ma su livelli alti, la povertà assoluta nel 2023. Le famiglie in povertà assoluta sono 2,2 milioni (8,4 per cento del totale) e 859mila famiglie in questo stato si trova nel Mezzogiorno (il 10,2 per cento). Invece gli individui coinvolti sono circa 5,7 milioni di persone (9,7 per cento della popolazione residente). Rispetto al 2014, l’incidenza è aumentata di 2,2 punti percentuali a livello familiare e di 2,8 punti a livello individuale.

I minori in povertà assoluta sono circa 1,3 milioni. Le famiglie con minori sono le più esposte alla povertà assoluta. Nel 2023, tra le famiglie con figli minori l’incidenza di povertà assoluta raggiunge il 12,4 per cento (13,8 per cento a livello individuale), con un incremento di oltre 4 punti rispetto al 2014. Tra le famiglie giovani con almeno un figlio minore l’incidenza di povertà assoluta sale al 15,2 per cento, contro il 10,0 per cento delle famiglie giovani senza figli minori. Valori elevati si riscontrano anche tra le persone sole e, all’estremo opposto, tra le famiglie numerose.

Istruzione e povertà assoluta

I dati mostrano che il livello di istruzione incide fortemente sul rischio di povertà assoluta. Nelle famiglie in cui la persona di riferimento ha al massimo la licenza media, si regista un’incidenza pari al 13 per cento, mentre scende al 4,6 per cento tra chi possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore. La povertà assoluta colpisce in modo molto più accentuato le famiglie composte solo da stranieri. Nel 2023 l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie di soli cittadini stranieri è pari al 35,1 per cento (circa 569mila famiglie), contro il 6,3 per cento tra le famiglie composte esclusivamente da cittadini italiani.

Se i redditi da lavoro sono la componente più importante dei redditi familiari per la maggioranza delle famiglie, non sempre il reddito proveniente dall’attività lavorativa è sufficiente a eliminare il rischio di povertà per il lavoratore e la sua famiglia. Nel 2023, il 21 per cento dei lavoratori risulta essere a rischio di lavoro a basso reddito. Un rischio è maggiore tra le donne (26,6 per cento rispetto al 16,8 per cento degli uomini), i giovani in età inferiore a 35 anni (29,5 per cento contro il 17,7 nella classe 55-64 anni) e i cittadini stranieri (35,2 per cento contro 19,3 degli italiani).

 

Foto: Pixabay

 

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