Famiglie arcobaleno, Corte costituzionale: “Sì al riconoscimento dei figli alla nascita per entrambe le mamme”

Una sentenza storica per le famiglie arcobaleno: per la Consulta anche la cosiddetta madre intenzionale può riconoscere il figlio nato nel Paese da una procreazione assistita praticata all’estero

di Redazione Mamme Magazine

 

È incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita (pma) legittimamente praticata all’estero. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza numero 68 (deposita il 22 maggio), che ha ritenuto fondate le relative questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Lucca. Quindi: se la seconda madre fornisce il consenso alla Pma risulta da subito quale secondo genitore del bambino che nascerà in Italia.

Dice la Consulta che l’articolo 8 della legge 40 del 2004 (nota come “legge sulla procreazione medicalmente assistita”) è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, nel rispetto delle norme làvigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha espresso il preventivo consenso alla Pma e all’assunzione di responsabilità genitoriale.

Miglior interesse del minore

La questione non riguarda le condizioni che legittimano l’accesso alla Pma in Italia, ha precisato la Corte, che ha ritenuto che l’attuale impedimento al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha dato il consenso alla pratica fecondativa all’estero insieme alla madre biologica non garantisca il miglior interesse del minore.

Inoltre viola la Costituzione sia dell’articolo 2, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile, che dell’articolo 3 per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale. Inoltre costituisce violazione dell’articolo 30 in quanto lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.

Un impegno di coppia

Due i rilievi su cui è fondata la dichiarazione di illegittimità costituzionale: la responsabilità derivata dall’impegno comune assunto dalla coppia che ha deciso di ricorrere alla Pma per generare un figlio (nessuno dei due genitori può sottrarsi) e la centralità dell’interesse del minore all’insieme dei diritti vantati nei confronti dei genitori (della madre biologica come della madre intenzionale).

Quindi da questi fondamenti deriva che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica sia l’effettività del suo “diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni” che il suo “diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

 

Foto: Pixabay

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