Congedo parentale, per l’Inps lo usa solo l’8,3% dei papà ma crescerà il numero di domande

Il Rapporto annuale Inps di luglio 2025 segnala importanti differenze tra i genitori per l’utilizzo del congedo parentale: stavolta la squilibrio di genere va a svantaggio dei padri. Differenze significative anche nella durata media

di M.V.

 

In Italia crescono le misure di sostegno alla genitorialità e sono state presentate maggiori domande di congedo parentale grazie all’indennità all’80 per cento e il Bonus Asilo nido che sgrava i costi per oltre 500mila famiglie. Eppure il Rapporto annuale Inps registra disuguaglianze nell’uso del congedo parentale: solo l’8,3 per cento dei padri contro il 63 per cento delle madri ne fanno ricorso nei primi 12 anni di vita del figlio. Diversa anche la durata media: 126 giorni per le madri, contro 36 giorni per i padri.

Differenze legate alla stabilità contrattuale e al reddito

Si aggira attorno al 40 per cento la percentuale di madri che esaurisce i sei mesi disponibili prevalentemente nei primi anni di vita del figlio. Invece solo il 6 per cento dei padri raggiunge il massimo previsto e ne fa un ricorso più spalmato nel tempo. Inoltre viene sottolineato che, per entrambi i genitori, l’intensità di utilizzo del congedo cresce davanti a una maggiore stabilità contrattuale.

Da segnalare le differenze legate al reddito: tra le madri, le non fruitrici sono quelle con i salari più bassi, suggerendo ostacoli economici all’accesso. Se si osservano i padri: sono i fruitori più intensivi ad avere retribuzioni mediamente inferiori.

La tendenza nel pubblico è di un uso meno intensivo del congedo parentale, fatto dovuto probabilmente alle maggiori tutele contrattuali e agli orari più regolati che consentono una migliore conciliazione tra lavoro e maternità, riducendo così l’impatto sulla retribuzione. Sembrerebbe che, più che le singole misure di tutela della genitorialità, a fare la differenza sia il livello generale di protezione del lavoratore (e soprattutto della lavoratrice).

Il ricorso per brevi periodi

Come varia nel tempo? Nel 2023 il picco iniziale risulta più pronunciato rispetto al periodo 2012-2013 e ciò indica una crescita della percentuale di padri che usufruiscono del congedo parentale per periodi molto brevi. Invece soltanto una piccola percentuale di padri fa ricorso a periodi prolungati di congedo parentale: la densità infatti è progressivamente decrescente al crescere della durata del congedo, con una coda lunga, ma poco popolata, sino al totale dei 180 giorni.

Differenze in base all’età del figlio o della figlia

L’Inps rileva un trend crescente, con un andamento più ripido rispetto a quello osservato per le madri. La percentuale di padri che arriva al numero massimo di mesi di congedo parentale fruibili individualmente cresce con l’aumentare dell’età del figlio o della figlia. Quindi se la quota è pari allo 0,9 per cento quando il figlio ha un anno, giunge al 6,4 per cento quando il figlio ha 12 anni. A differenza delle madri – che tendono a concentrare l’utilizzo del congedo nei primi anni di vita del bambino – i padri tendono perciò a ricorrere al congedo parentale in una fase più avanzata dell’infanzia.

Sempre più padri ne faranno richiesta

Va però precisato che, in base agli studi sugli effetti delle recenti riforme legislative con l’incremento dell’indennità associata al congedo parentale dal 30 all’80 per cento della retribuzione – inizialmente per un mese (2022) e successivamente (2023 )per due mesi, evidenziano un impatto positivo delle riforme sull’accesso al congedo per entrambi i genitori. Inoltre il congedo di paternità obbligatorio non era ancora stato introdotto nel 2012 e aveva durata di appena un giorno nel 2013. Chi è diventato papà nel 2023 ha potuto usufruire, oltre che del congedo parentale, del congedo di paternità obbligatorio di dieci giorni.

Foto: Pixabay

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