Sale del 38 per cento il rischio di mortalità per le pazienti che presentano tumore al seno HER2-positivo e un indice di massa corporea superiore a 25. Però la chemioterapia ‘dose-dense’ è efficace nei pazienti con cancro al seno in fase iniziale a prescindere dal peso corporeo
di Redazione Mamme Magazine
Le probabilità di guarigione delle pazienti con tumore al seno possono essere compromesse da obesità e sovrappeso. anche se, nel lungoperiodo, una chemioterapia “intensiva”, somministrata a intervalli di tempo più ristretti rispetto a quella tradizionale, si conferma efficace nella prevenzione delle recidive indipendentemente dal peso corporeo. Lo dicono due studi internazionali, uno condotto nell’ambito del trial Aphinity (pubblicato sull’European Journal of Cancer), e l’altro condotto nell’ambito del trial GIM2 (pubblicato sulla rivista Esmo Open).
Peso e oncologia
“I due studi ci danno indicazioni fondamentali su come l’eccesso di peso e la chemioterapia si combinano nel trattamento del tumore al seno con un impatto sulle strategie di cura per le pazienti”, riferisce Lucia Del Mastro, professore ordinario e direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova. Di questi temi si parlerà in una sessione speciale il prossimo 20 ottobre al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo) a Berlino.
I risultati delle ricerche
L’analisi dello studio APHINITY ha esaminato pazienti con tumore al seno HER2-positivo in fase iniziale, un tipo di cancro che tende a crescere velocemente. Su quasi 5mila pazienti analizzate, il 47 per cento era in sovrappeso o obesa, cioè con un indice di massa corporea (Bmi) superiore a 25.
E spiega la professoressa Del Mastro: “Abbiamo scoperto un’associazione preoccupante: il sovrappeso e l’obesità peggiorano la prognosi del tumore HER2-positivo. In particolare, le pazienti con un BMI superiore a 25 sembrano avere un aumentato rischio di recidiva o morte del 27% rispetto alle pazienti normopeso o sottopeso. Inoltre, lo studio ha rilevato che le pazienti sovrappeso e obese hanno un rischio maggiore del 38% di morire per qualsiasi causa rispetto alle pazienti normopeso/sottopeso”.
Inoltre le pazienti con il Bmi più alto sono anche quelle che interrompevano più spesso la chemioterapia post-intervento rispetto alle donne normopeso (14 contro il 9 per cento). “Questo suggerisce che l’eccesso di peso può rendere la terapia più difficile da tollerare”, sottolinea Del Mastro.
La chemioterapia “dose dense”
Dall’analisi dello studio GIM2 arrivano migliori notizie, focalizzandosi sulle donne con tumore al seno ad alto rischio di recidiva con linfonodi positivi, cioè in fase iniziale ma che ha iniziato a diffondersi ai linfonodi vicini. “Questo studio mette a confronto la chemioterapia tradizionale a ‘intervallo standard’ con la più intensa ‘dose-dense’, somministrata in un arco di tempo più breve – spiega Del Mastro–. In questa analisi su 1.925 pazienti, abbiamo scoperto che l’eccesso di peso non peggiora di per sé la prognosi a lungo termine (15 anni). Il regime dose-dense è risultato il più efficace, indipendentemente dal fatto che la paziente fosse normopeso, sovrappesa o obesa. I numeri sono chiari: nelle pazienti normopeso la chemioterapia “dose dense” riduce il rischio di recidiva del 13% rispetto a quella standard, nelle pazienti in sovrappeso del 28% e in quelle obese addirittura del 30 per cento”.
Va evidenziato che in questo studio, alle pazienti obese non è stata somministrata una dose di chemioterapia inferiore per via del loro peso, un problema noto in altri contesti clinici. Però le pazienti obese hanno mostrato una maggiore incidenza di alcuni effetti collaterali gravi, come la neuropatia (5,4 per cento e il dolore osseo (4,7%), rispetto alle normopeso (2,2% e 2% rispettivamente).
“La paura di sottodosare la chemioterapia per evitare la tossicità nelle pazienti più pesanti non ha fondamento. Il regime più efficace, quello’ dose dense’, deve essere il trattamento di prima scelta per tutte le pazienti ad alto rischio di recidiva, indipendentemente dal loro Bmi”, conclude Del Mastro.
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