Robot, giochi e creatività: perché tuo figlio dovrebbe imparare a programmare da bambino

Il nostro esperto ci accompagna nel mare magnum del tempo digitale dei bambini e suggerisce come imparare giocando. “La tecnologia sarà sempre più presente, e chi saprà capirla e governarla sarà più libero, creativo e indipendente”, sostiene.

di Nereo De Cesari

 

Fino a pochi anni fa, quando si diceva “so usare il computer”, si intendeva saper scrivere un documento su Word, inviare una mail o magari installare un videogioco. Oggi la situazione è completamente diversa: i bambini crescono circondati da smartphone, tablet, videogiochi online e assistenti vocali, il digitale non è più un optional, è l’ambiente naturale in cui vivono, fa parte della loro quotidianità al punto da far perdere interesse nel meraviglioso mondo della scoperta.

“Superpoteri” contro consumo passivo

Eppure, spesso ci spingiamo a considerarli “bravi con la tecnologia” o li connotiamo come “intelligentissimi” solo perché sanno smanettare su un tablet o aprire un’app. La verità è che questo è consumo passivo, non è comprensione. Imparare i concetti base dell’informatica e della programmazione fin da piccoli non significa trasformarli in piccoli ingegneri, ma dare loro un superpotere: la capacità di capire come funziona il mondo digitale invece di subirlo passivamente. È un po’ come insegnare a leggere: chi sa leggere non è automaticamente uno scrittore, ma è libero, indipendente e capace di crescere.

Perché partire presto

Ci sono finestre di apprendimento che nella crescita fanno la differenza. La musica, ad esempio: chi prende in mano uno strumento da bambino sviluppa un orecchio musicale diverso da chi lo fa a trent’anni. Lo stesso vale per il pensiero critico, la logica e la programmazione. I ragazzi che iniziano presto non diventano automaticamente hacker o sviluppatori, ma allenano competenze che restano per tutta la vita.

Sviluppano logica e pensiero critico, perché un codice non funziona se non lo scrivi con ordine. Imparano il problem solving, dato che ogni errore diventa un indovinello da risolvere. E soprattutto coltivano la creatività, perché un programma può trasformarsi in un gioco, una storia interattiva o persino in un robot ballerino.

Insegnare a programmare vuol dire abituarli a spezzare un problema grande in tanti problemi piccoli più affrontabili e quindi con maggior percentuale di successo nella risoluzione. Non ti sembra la stessa cosa che facciamo ogni giorno come adulti? La differenza è che loro lo imparano divertendosi, senza ansie da ufficio o bollette da pagare.

Robotica educativa: imparare giocando

Qui arriva la parte più divertente per un genitore: vedere un bambino che scrive qualche comando e poi guarda un robot muoversi davvero. La robotica educativa ha questo enorme vantaggio: rende tangibile ciò che altrimenti resterebbe astratto. Un conto è dire “il computer ha eseguito il tuo codice”, un altro è vedere un robottino che gira su sé stesso, segue una linea sul pavimento o alza un braccino perché tu gliel’hai ordinato.

Prodotti come Lego Mindstorms, mBot o i kit Arduino sono vere palestre di creatività. Non parliamo di semplici giochi di montaggio: ogni pezzo è un mattoncino di logica e inventiva. I ragazzi non si limitano a giocare ma costruiscono e programmano il loro gioco e questa è la differenza tra guardare un cartone animato e disegnarne uno.

E non serve nemmeno aspettare l’adolescenza: già alle scuole elementari possono iniziare con linguaggi a blocchi, dove i comandi si trascinano con il mouse come tessere di un puzzle. Il concetto di “if… then…” (se succede X, allora fai Y) diventa naturale come dire “se piove, prendo l’ombrello”.

Un amico digitale per crescere

Accanto alla robotica, ci sono i nuovi robot intelligenti pensati proprio per i bambini. Un esempio è EMO di LivingAI: non è solo un “giocattolo smart” ma un vero compagno digitale. Risponde, interagisce, balla, riconosce la voce e gli stimoli visivi. È un modo giocoso e positivo per avvicinare i bambini al mondo dell’intelligenza artificiale.

Con un robottino come EMO, i più piccoli imparano che l’IA non è magia oscura o un pericolo da film hollywoodiani, ma uno strumento con cui comunicare e creare. È come avere in casa un piccolo assistente che stimola la curiosità e introduce il concetto che dietro ogni risposta c’è un algoritmo, non un trucco. Questi strumenti hanno un valore doppio: insegnano e affascinano. Perché se la programmazione pura può sembrare arida, un robottino che risponde e si muove diventa il ponte perfetto tra fantasia e logica.

Piattaforme e strumenti consigliati

Non serve un laboratorio Nasa per iniziare: basta un computer di casa e un po’ di curiosità. Alcune piattaforme sono state pensate apposta per i più piccoli e rendono la programmazione un gioco colorato:

· Scratch (MIT) un vero “teatro digitale”. I bambini possono creare storie animate, videogiochi o persino cartoni con i loro personaggi preferiti. È sorprendente vedere un bambino di 8 anni che, dopo pochi minuti, già mostra orgoglioso alla famiglia il suo primo “videogioco fatto da me”.

· Code.org funziona come una scuola interattiva online, con percorsi guidati che usano personaggi conosciuti e provenienti da titoli come Minecraft, Star Wars o Frozen. È perfetto per mantenere alta l’attenzione, perché il divertimento si mescola con la logica senza che il bambino se ne accorga.

· Repl.it e Trinket sono ambienti online in cui si scrive codice vero in linguaggi come Python e direttamente dal browser. Niente installazioni complicate: basta aprire una finestra e iniziare a provare. Perfetti per adolescenti che vogliono fare un passo in più rispetto agli ambienti a blocchi.

E se a casa c’è un Raspberry Pi, quella piccola scheda economica che sembra un biscotto elettronico, allora il divertimento è doppio: collegando un monitor e una tastiera diventa un vero laboratorio di informatica in miniatura. È robusto, sicuro, costa poco e insegna a non avere timore di “smanettare”, di osare, senza aver paura che si rompa qualcosa.

Libri per iniziare con Python

Per i genitori che preferiscono affiancare i ragazzi con carta e inchiostro, ci sono libri che trasformano l’apprendimento in avventura:

· “Hello World! Computer Programming for Kids and Other Beginners” di Warren Sande e Carter Sande spiega i concetti passo dopo passo, con esempi semplici e immediati.

· “Python for Kids” di Jason R. Briggs ha un approccio illustrato e pratico, perfetto per mantenere viva l’attenzione dei più piccoli.

· “Invent Your Own Computer Games with Python” di Al Sweigart è la calamita per i ragazzi che sognano di creare videogiochi: non si limitano a giocarli, li costruiscono.

Insegnare l’informatica e la programmazione ai bambini significa regalare loro una chiave per leggere e interpretare il mondo che li circonda. La tecnologia sarà sempre più presente, e chi saprà capirla e governarla sarà più libero, creativo e indipendente. Coltivare questa curiosità nell’età in cui l’apprendimento è al massimo significa prepararli a diventare adulti con una marcia in più.

Foto: Pixabay

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