Cuori digitali: quando l’amore adolescenziale naviga in rete e cosa devono sapere i genitori

Tantissimi, tra i 13 e i 18 anni, cercano le relazioni affettive attraverso app e piattaforme online. Il nostro esperto riporta un affresco di quanto succede e spiega cosa fare alle mamme e ai papà

di Nereo De Cesari*

 

Gli adolescenti di oggi vivono una doppia vita sociale: quella fisica a scuola e quella digitale sugli smartphone. Per molti ragazzi tra i 13 e i 18 anni, la ricerca di relazioni affettive passa inevitabilmente attraverso app e piattaforme online. Un fenomeno che non possiamo più ignorare o demonizzare, ma che richiede consapevolezza e strumenti di protezione adeguati. Dovremmo esplorare quali piattaforme utilizzano realmente gli adolescenti. Non solo le dating app tradizionali (spesso vietate ai minori ma comunque accessibili), ma anche Instagram, TikTok, Discord e persino i giochi online diventano luoghi di incontro. Il problema principale è che questi spazi digitali mancano dei filtri sociali naturali presenti negli incontri dal vivo: la presenza di adulti di riferimento, il contesto sociale condiviso, la possibilità di verificare immediatamente l’identità dell’altro.

La questione dell’age verification diventa cruciale. Molti adolescenti mentono sull’età per accedere a piattaforme per adulti, esponendosi a situazioni pericolose. Il catfishing rappresenta una minaccia reale: adulti che si fingono coetanei per adescare minori. Poi c’è il sextortion, fenomeno in crescita esponenziale dove i ragazzi vengono ricattati dopo aver condiviso contenuti intimi. E non dimentichiamo il grooming, quel processo subdolo di manipolazione psicologica che può durare settimane o mesi.

Dal punto di vista emotivo, la ricerca di validazione attraverso match e like può creare dipendenze comportamentali e distorcere la percezione delle relazioni autentiche. La velocità e superficialità degli incontri digitali può impedire lo sviluppo di competenze relazionali profonde. Anche se, questi fenomeni posso riguardare pure gli adulti che spesso non sono in grado di avere idee chiare in merito ai fenomeni stessi. Ma di questa sfumatura psicologica ce ne occuperemo in un altro articolo.

Il paradosso italiano della proibizione digitale

In Italia stiamo assistendo a un fenomeno paradossale che ogni genitore dovrebbe conoscere. Ogni volta che lo Stato o le famiglie cercano di proteggere gli adolescenti attraverso divieti e barriere tecnologiche, ottengono l’effetto opposto: ragazzi sempre più abili nell’aggirare i sistemi ma non più consapevoli dei pericoli reali. L’esempio più recente è la proposta dello SPID per accedere ai siti pornografici, presentata come misura di protezione dei minori. In realtà, questa soluzione crea un database di chi accede a determinati contenuti – un regalo per ricattatori e criminali informatici – mentre spinge i ragazzi a cercare alternative più pericolose come VPN gratuite che vendono i loro dati, siti non regolamentati o addirittura il dark web. È come mettere un lucchetto sulla porta principale mentre si lasciano aperte tutte le finestre.

I nostri figli hanno competenze tecniche che spesso ci sorprendono. Quando installiamo un controllo parentale, in mezz’ora trovano su YouTube il tutorial per aggirarlo. Quando blocchiamo un’app, scaricano versioni modificate da store alternativi. È diventata una gara, e in questa gara stanno imparando a usare strumenti sempre più rischiosi. Un adolescente determinato a entrare su Tinder nonostante il limite dei 18 anni userà una VPN gratuita che registra tutto il suo traffico internet, creerà profili falsi con documenti generati dall’intelligenza artificiale, installerà app modificate che hanno rimosso le protezioni di sicurezza o semplicemente riceveranno assensi da genitori poco attenti. Nel tentativo di proteggerlo, lo abbiamo spinto in territori digitali molto più pericolosi.

Le app di incontri non sono benefattori che offrono servizi gratuiti per il bene dell’umanità. Il loro business si basa sulla raccolta ossessiva di informazioni personali. Quando un adolescente mente sull’età per iscriversi, non sta solo violando i termini di servizio: sta regalando una quantità impressionante di dati intimi. Ogni swipe a destra o sinistra rivela preferenze personali. Gli orari di utilizzo mappano la routine quotidiana del ragazzo. La velocità con cui risponde ai messaggi può indicare ansia sociale o dipendenza emotiva. Le foto caricate contengono metadati con coordinate GPS precise. Alcune app utilizzano persino il riconoscimento facciale e registrano il modo in cui una persona digita sulla tastiera, creando una “impronta comportamentale” unica.

Nel 2018, Grindr è stata scoperta a condividere lo status HIV dei suoi utenti con aziende terze. Se questo può accadere con dati sanitari sensibili di adulti, immaginiamo cosa potrebbe succedere con le informazioni di adolescenti vulnerabili. La funzione che mostra “persone vicine a te” sembra innocua ma nasconde rischi enormi. Con tecniche relativamente semplici, chiunque può triangolare la posizione esatta di un utente. Per un adolescente questo significa rivelare involontariamente l’indirizzo di casa, la scuola che frequenta, i luoghi dove passa il tempo libero. Nel 2016, ricercatori hanno dimostrato come fosse possibile tracciare membri del Congresso americano attraverso app di dating durante eventi pubblici. Se parlamentari adulti e presumibilmente informati sono così vulnerabili, pensiamo a quanto lo siano i nostri ragazzi.

L’Educazione Come Unica Difesa Sostenibile

La vera protezione non viene dai divieti ma dalla consapevolezza. Famiglia e scuola dovrebbero lavorare insieme per costruire una educazione emotiva e digitale solida. I ragazzi devono imparare a riconoscere quando qualcuno sta cercando di manipolarli emotivamente, devono capire perché ogni match rilascia dopamina nel cervello creando dipendenza, devono sapere che la loro autostima non può dipendere da quanti like ricevono.

L’educazione sessuale deve includere il mondo digitale: cosa significa consenso quando si inviano foto intime, quali sono le conseguenze legali del revenge porn, come riconoscere i segnali di un potenziale predatore online. Non si tratta di terrorizzare ma di informare, esattamente come insegniamo ai bambini ad attraversare la strada guardando a destra e sinistra. Il caso di Amanda Todd rimane emblematico: una ragazzina canadese si è tolta la vita dopo anni di ricatti online iniziati con una foto inviata a qualcuno che credeva coetaneo. L’operazione “Broken Heart” dell’FBI porta ogni anno all’arresto di centinaia di adulti che adescano minori attraverso app e social media.

In Italia, il Garante della Privacy ha pubblicato nel 2023 un report allarmante sui data breach nelle piattaforme di dating, evidenziando come molte app non rispettino nemmeno i requisiti minimi del GDPR. Senza entrare in tecnicismi eccessivi, è importante capire che un malintenzionato non ha bisogno di essere un genio dell’informatica. Molte app hanno falle di sicurezza basilari che permettono di accedere a foto “private”, di scoprire tutti gli utenti di una zona, di mantenere l’accesso a un account anche dopo che la password è stata cambiata. Gli algoritmi che decidono chi mostrare a chi possono essere manipolati per creare profili-esca perfetti, ottimizzati per attirare proprio quel tipo di persona vulnerabile che il predatore sta cercando. Le reti WiFi pubbliche che i ragazzi usano al bar o al centro commerciale possono esporre tutte le loro comunicazioni a chiunque si trovi nelle vicinanze con un laptop e software gratuito.

La Proposta: Un Approccio Educativo Integrato

Invece di continuare con divieti inefficaci, sarebbe interessante proporre un approccio che combini competenze tecniche, emotive e sociali. I ragazzi devono sviluppare consapevolezza emotiva per riconoscere le proprie vulnerabilità, imparare a verificare l’identità di chi hanno davanti, capire come minimizzare le proprie tracce digitali, comprendere almeno a grandi linee come funziona la crittografia e perché è importante. Devono interiorizzare la cultura del consenso, sapere che ogni loro informazione online può essere trovata con una semplice ricerca Google, capire quando una rete WiFi è sicura e quando no.

Devono imparare a gestire le notifiche per non esserne schiavi, avere sempre una strategia di uscita da situazioni scomode, e soprattutto sapere di poter contare su una rete di supporto quando qualcosa va storto. Questo non si ottiene con una lezione di un’ora o un opuscolo informativo, richiede un cambiamento culturale dove genitori e insegnanti smettono di demonizzare la tecnologia e iniziano a comprenderla abbastanza da poterne parlare in modo credibile con i ragazzi. Perché alla fine, l’unica protezione davvero efficace è un adolescente informato che sa riconoscere i rischi e sa come proteggersi, non uno che deve nascondersi per esplorare la propria emotività e sessualità.

Strategie di protezione

Per i genitori, il dialogo aperto rimane lo strumento più potente. Non si tratta di vietare ma di educare. Parlare di consenso digitale, di come riconoscere i “red flag” nelle conversazioni online, di come proteggere i propri dati personali. Implementare controlli parentali intelligenti che non siano invasivi ma protettivi. Creare “patti digitali” familiari dove si stabiliscono regole condivise sull’uso delle app. Per gli adolescenti, fornire strumenti pratici: come impostare profili privati, come riconoscere profili fake (foto troppo perfette, richieste immediate di spostarsi su altre piattaforme, domande inappropriate), come e quando coinvolgere un adulto di fiducia. L’importanza di non condividere mai informazioni personali identificabili, di fare videochiamate prima di incontri dal vivo, di organizzare primi incontri sempre in luoghi pubblici e informando qualcuno. Sarebbe opportuno anche evidenziare le responsabilità delle aziende tech.

Servono sistemi di age verification più robusti, moderazione proattiva dei contenuti, algoritmi che identifichino comportamenti predatori, canali di segnalazione immediati ed efficaci. E anche se tutto questo può essere fatto con l’Intelligenza Artificiale, non dovrebbe mai mancare il controllo umano, poiché le IA, come si è visto già in determinati contesti affrontati su questa stessa rivista, non capiscono a fondo i comportamenti umani confondendo semplici richieste e inserendole in pattern altamente pericolosi. Dopo aver esplorato rischi e vulnerabilità, è fondamentale fare un passo indietro e guardare il quadro completo. La tecnologia non è il mostro da cui proteggere i nostri figli. È semplicemente uno strumento, potente e complesso, che amplifica sia le opportunità che i pericoli del mondo reale. Molti di noi adulti hanno conosciuto il proprio partner online, mantengono amicizie significative attraverso i social media, hanno trovato comunità di supporto in forum e gruppi digitali. Negare questa stessa possibilità agli adolescenti sarebbe ipocrita oltre che impossibile. Il punto non è impedire loro di esplorare relazioni online, ma equipaggiarli per farlo in sicurezza.

Le Relazioni Digitali Possono Essere Autentiche

Dobbiamo riconoscere che per la Generazione Z, la distinzione tra “reale” e “digitale” è sempre più sfumata. Un’amicizia nata su Discord mentre si gioca insieme può essere profonda quanto quella con il compagno di banco. Una relazione iniziata su Instagram può evolversi in qualcosa di significativo e duraturo. L’importante è che i ragazzi sappiano distinguere l’autenticità dalla finzione, la genuinità dalla manipolazione. Le piattaforme digitali permettono ai giovani più timidi di esprimersi, a quelli con interessi di nicchia di trovare la propria tribù, a chi vive in piccoli centri di connettersi con il mondo. Per molti adolescenti LGBTQ+, internet è stato il primo posto dove hanno potuto essere sé stessi senza paura del giudizio. Questi sono valori che dobbiamo preservare mentre affrontiamo i rischi. La vera sfida per noi genitori ed educatori non è tecnica ma relazionale.

Dobbiamo costruire un rapporto di fiducia dove i ragazzi si sentano liberi di condividere le loro esperienze online senza temere punizioni o giudizi. Quando un adolescente sa di poter dire “mamma, ho ricevuto un messaggio strano” senza che gli venga sequestrato il telefono, abbiamo già vinto metà della battaglia. Questo richiede umiltà da parte nostra. Ammettere che non sappiamo tutto del mondo digitale, che anche noi commettiamo errori online, che stiamo imparando insieme a loro. Un genitore che dice “non capisco bene come funziona TikTok, me lo spieghi?” ottiene molto più rispetto e apertura di uno che finge di sapere tutto o che condanna a priori. Il nostro ruolo non è insegnare loro a riconoscere e gestire i pericoli. Come li prepariamo per il mondo fisico – insegnando loro ad attraversare la strada, a non seguire sconosciuti, a chiedere aiuto quando necessario – dobbiamo prepararli per quello digitale.

Questo significa conversazioni scomode ma necessarie, significa accettare che esploreranno la propria identità e sessualità, online come offline, significa dare loro strumenti pratici: come fare una videochiamata prima di incontrare qualcuno dal vivo, come scegliere luoghi pubblici per i primi incontri, come riconoscere i segnali di allarme in una conversazione, come dire di no senza sentirsi in colpa. La sicurezza online degli adolescenti non può essere solo responsabilità delle famiglie. Serve un patto sociale che coinvolga scuole, istituzioni, piattaforme tecnologiche e la società civile. Le scuole devono integrare l’educazione digitale ed emotiva nel curriculum. Le istituzioni devono legiferare con cognizione di causa, non con il panico morale.

piattaforme devono assumersi la responsabilità etica oltre quella legale. E noi come società dobbiamo smettere di demonizzare la tecnologia mentre la usiamo costantemente. Immaginiamo un futuro dove gli adolescenti navigano il mondo digitale delle relazioni con la stessa naturalezza e prudenza con cui si muovono in quello fisico. Dove sanno distinguere un profilo autentico da uno fake con la stessa facilità con cui riconoscono una persona sospetta per strada. Dove comprendono il valore dei propri dati personali come comprendono il valore del proprio portafoglio. Dove sanno quando è il momento di chiedere aiuto senza vergogna o paura.

Questo futuro non si costruisce con divieti e controlli, ma con educazione e fiducia. Non si ottiene demonizzando la tecnologia, ma comprendendola e utilizzandola saggiamente. Non si raggiunge tenendo i ragazzi in una bolla, ma preparandoli ad affrontare il mondo con tutti i suoi rischi e le sue opportunità.

L’Invito all’Azione

Se sei un genitore che ha letto questo articolo, il primo passo non è installare un nuovo parental control o controllare il telefono di tuo figlio. È sederti con lui e iniziare una conversazione. Chiedigli quali app usa, cosa gli piace di esse, se ha mai vissuto situazioni scomode online, ascolta senza giudicare condividi le tue preoccupazioni senza drammatizzare, offri il tuo supporto senza invadere i suoi spazi, senza negarli senza prima averne compreso la sua visione. Se sei un adolescente che per caso sta leggendo, sappi che cercare connessioni e relazioni è normale e sano. La tecnologia può aiutarti in questo percorso, ma ricorda che dietro ogni schermo c’è una persona reale, con le sue intenzioni che possono essere buone o cattive. Non avere fretta, e soprattutto non avere paura di chiedere aiuto quando qualcosa non ti convince.

La tecnologia è qui per restare, le relazioni digitali sono parte della nostra realtà. Possiamo scegliere di affrontare questo cambiamento con paura e resistenza, o con curiosità e saggezza. La scelta determinerà sicurezza dei nostri ragazzi oggi e soprattutto la loro capacità di navigare il mondo di domani. Perché alla fine, l’obiettivo è avere giovani adulti che sanno costruire relazioni sane, autentiche e rispettose, sia online che offline. E questo è un obiettivo per cui vale la pena lavorare insieme.

Foto: Pixabay

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