Amare un figlio non tuo è coraggio e paura che fa danzare l’anima

Un intervento del poeta e scrittore Davide Rondoni che è stata pubblicato nel cartaceo di Mamme Magazine del 15 novembre 2025

di Davide Rondoni*

 

Amare il figlio non tuo è scandalo – e fioritura. È, sì, ferita ma anche sguardo che si apre, e si apre a ventaglio sul mare. Il figlio o la figlia non tua ti crepa l’anima. E la fa danzare. Anima a ventaglio sul mare dell’essere da cui proviene quella creatura fino alla riva delle tue braccia, alla riva del tuo petto, alla riva che poteva non esserci…

Il poeta e scrittore Davide Rondoni

E invece per fortuna di quel batuffolo, di quel quasi niente di bambino, ragazzina, piccola creatura, c’è, riva che esiste. Riva o casa nomi odori giochi scuola. Riva di vita. Amare il figlio che non hai generato, non hai voluto tu, che non hai immaginato, rompe l’anima, rompe il tempo, lo rovescia come un canocchiale dove l’io si vede piccolissimo. E l’altro, il tu che non hai creato, diventa immenso, invade la riva, la casa, lo spazio.

Il cuore. Lo frantuma a volte, può arrivare a questo. Non è tuo, non lo sarà mai. Vivrai col cuore frantumato. Intero solo d’amore, e frantumato di paure, dolori, ansie, preoccupazioni. Eppure intero d’amore, comunque vada. Il verbo “adottare” può essere verbo che consuona con adorare. Oppure può pure scadere a verbo che indica, che so, adozione di un libro di testo. Adozione di un farmaco. Di una strategia – magari per sentirsi più completi. Adottare un comportamento. Ma se si adotta un bambino lo si adora. Non lo si “prende”. Lo si innalza dall’essere all’essere voluto. Che è il vero essere e venire al mondo.

Solo la cecità, la disperazione, la ottusità degli esseri umani lascia che un figlio non si senta voluto, non si senta creatura. E si senta lasciato alla nascita, abbandonato nell’universo. Solo la sperdutezza infame di uomini che uccidono altri uomini produce un asilo di abbandonati, una casa di orfani, una nuvola di bambini-nessuno. Poi arrivi tu, che adori e adotti, che sai che adottare è adorare.

E lo sai perché nella tua medesima vita sai che è importante non solo “essere” ma “essere avuto”, come dice un bravo filosofo francese. Sei stato voluto, avuto, nascere è stato essere creatura. Guardato, guardata come creatura. Se i bambini non sono creature sono sospesi nel vuoto. E vivranno di paura e ansia, e di cattive difese.

La madre, il padre sono i primi a far sentire creatura il figlio. Se lo fanno. Se no ingigantiscono il vuoto di nascere, bloccano la nascita a sola, raggelante emersione nel vivente, a sola emersione del soggetto nel caos. E, come vediamo da tempo, la nascita si trasforma da benedizione, da dono dell’esser venuti al mondo, a trauma da indagare. E solo a trauma da indagare.

Che sia “traumatico” nascere è ovvio, essendo tutta l’esistenza umana un trauma, se intendiamo la parola nella sua radice vera, ovvero di “evento significativo che cambia le cose”, una rottura. Noi la usiamo solo nella sua accezione negativa, ma anche conoscere la bellezza di colei che ho in mente mentre scrivo è stato un trauma, anche vedere la potenza meravigliosa dell’Oceano indiano o degli alberi fioriti in Venezuela è stato un trauma, e anche aver volato la prima volta o lo è stato cadere in acqua e nuotare (spinto da mio nonno che voleva regalarmi un trauma ma con la sua vicinanza…). Dunque se nascere è solo trauma e solo non essere avuto, inizia la ricerca pazza di qualcuno che ti adotti, qualcuno che abbia anche una minima “adozione”. E ci si può buttare, per questo sacro inestirpabile desiderio, invece che sulla riva della adozione / adorazione, nelle peggiori fauci che illudono di desiderarti, di volerti davvero, mentre vogliono solo qualcosa di te, i soldi, il corpo, le forze.

Come scoprire l’adozione/adorazione del nato, della nascita, della natura umana? L’essere avuto lo impari dai genitori, e poi da chi ti ama come sei, gli amici, e poi da chi ti perdona, ti sostiene anche se per il mondo vali poco, e lo impari nell’abisso della misericordia quando rammaglia ogni strappo o sfilacciamento dell’anima. Adottare significa adorare una Forza che non è tua, che non metti tu in campo, nemmeno quando pensi di generare da te stesso. Ti traversa, ti soverchia quella forza. Si tratta di offrirla ai figli propri o a quelli nati da altri. Per questo il Santo delle “creature” vedeva tale forza anche nella nascita generata dai grandi elementi naturali: fuoco, frate sole, aria, frate vento, acqua sora acqua, terra, sora matre terra. San Francesco non a caso invita i suoi frati a prendersi cura l’uno dell’altro come una madre fa coi suoi figli.

L’amicizia è il vertice della adozione. I genitori che adottano non sono malacopia degli altri che generano da se stessi. Sono esempio, vertice, indicazione di cosa significa adorare la creatura. Abbracciarla mentre viene alla tua riva dal mare dell’essere. A cui appartiene e apparterrà per sempre.

*Poeta, scrittore e drammaturgo. È appena uscito il suo ultimo libro, “La ferita, la letizia, faccia a faccia con San Francesco, poeta di Dio e del mondo” Fazi Editore

 

Foto: Pixabay

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