Sorride, Emma, poi dalla busta tira fuori la prima sorpresa che ovviamente non ti aspetti. “Guardi, io sono la persona sbagliata per parlare di questo. Figuriamoci… Io quando penso ai bambini non penso a volerne sempre di più in questo mondo, ma ad aiutare quelli che già ci sono a sopravvivere e ad avere un vita migliore di quella che il destino ha loro riservato”.
Pausa. Emma Dante è una delle più geniali inventrici del teatro italiano. Un’opera classica (tipo la “Manon Lescaut” di Puccini di cui Emma sta per allestire la regia per il debutto a Lione) potrebbe trasformarsi in un messaggio avveniristico e inatteso. La sua storia ce lo dimostra. Ad esempio, ha preso fiabe classiche dei fratelli Grimm e di Christian Andersen ma anche di Walt Disney e le ha rilette e rivoltate. Poi ha scritto “Misericordia” e ha messo al centro della storia un ragazzo menomato e tre prostitute che lo crescono, la fragilità delle donne e la loro solitudine eppure il loro grande senso di umanità. Ed è in giro per l’Italia “Chicchinella”, la storia fantastica e paradossale di un re che sista lentamente ma inesorabilmente trasformando in una gallina. Potremmo continuare. Ma il tema resta quello: politica delle nascite. E alla fine, con qualche apprensione, Emma non si sottrae.
“Ripeto: sono la persona sbagliata. Ma partirei da qui: lo Stato dovrebbe incentivare, facilitare, ampliare le adozioni. Bisogna sostenere i bambini del mondo. E quindi allargherei di molto la platea dei possibili adottanti. Le famiglie allargate, le famiglie arcobaleno, i single e le coppie omosessuali. Tutti dovrebbero avere la possibilità di adottare un bambino. E se questo accadesse il mondo sarebbe un posto migliore dove vivere, soprattutto per i bambini”.
Adottare un bambino, dunque. Cosa che Emma ha fatto. Non riuscendo ad averlo attraverso un’adozione nazionale lo ha ottenuto da un’adozione internazionale. Il bambino si chiama Dimitri, è russo di San Pietroburgo. La dimostrazione di quanto sia difficile adottare un bambino in Italia.
E non esiste, secondo lei, un sentimento di maternità che andrebbe coltivato con maggiore cura?
“Se lei si riferisce a una donna che sarebbe meno donna senza sentire il desiderio di partorire un figlio trovo questa idea aberrante. Una donna è donna in quanto donna e non in quanto possibile partoriente. E’ un concetto che dovrebbe proprio sparire. E’ bello essere mamma, certo, ma solo se senti forte dentro di te questa, come dire, vocazione. E poi gli uomini? E il loro senso di responsabilità nel diventare padri? Trovo che questo sia un argomento poco affrontato. Dietro la scelta di una donna deve per forza esserci la condivisione di un uomo quando si è una coppia”.
Dunque no a nuovi bambini, maggiore cure e attenzioni per quelli già in questo mondo. Ho capito bene?
“Esatto. Sono per la famiglia allargata ma sono soprattutto per le persone che si prendono cura delle altre persone e credo che il mondo dell’infanzia sia il più importante da salvaguardare. Troppi bambini abbandonati senza la possibilità di essere adottati anche da famiglie non ricche. La povertà non può e non deve essere un impedimento alla felicità di un bambino. Ecco che cosa dovrebbe fare lo Stato. Lei mi ha chiesto quali misure dovrebbero essere prese? Una di queste dovrebbe essere un aiuto finanziario consistente a quelle famiglie che vogliono adottare ma le cui condizioni economiche non sono considerate adeguate dallo Stato. Più in generale – e io ne so qualcosa – la politica delle adozioni in Italia è difficoltosa. Come è noto io non ci sono riuscita”.
Va bene, Emma, aiutare e salvare i bambini. Ma resta il fatto che l’Istat ci certifica che ogni anno le nascite in Italia calano. Quest’anno tocchiamo il minimo storico. Il tasso di fecondità è sceso all’1,13 figli per donna.
“Ok, è chiaro. Le coppie italiane non fanno figli. Perché allora non semplificare la regolarizzazione delle famiglie di immigrati che da anni vivono nel nostro paese, i cui figli parlano addirittura in dialetto e non solo l’italiano. Gli immigrati fanno figli da giovani, mentre gli italiani li fanno, quando li fanno, da vecchi. L’età della procreazione si è quindi allungata considerevolmente e questo non aiuta. Poi insisto: si parla di educazione culturale, di incentivazioni da offrire alle donne in cambio di maternità. E gli uomini? Perché non si prendono anche loro la responsabilità del focolare domestico? Convinciamoli, in modo che anche alle donne venga garantito che una volta partorito un figlio non resteranno sole o quasi a prendersene cura. Poi ognuno ha la sua libertà di scegliere, certo. Ma deve essere una libertà condivisa. Con un caposaldo che sta alla base di qualsiasi discussione: essere madre è una condizione totalmente slegata dall’essere donna”.
