Libri: la psicoterapeuta Stefania Andreoli ha scritto “Lo faccio per me”, edito Rizzoli. L’articolo è stato pubblicato sul cartaceo di Mamme Magazine
Ai figli non serve una mamma perfetta, serve una mamma consapevole. Ne è convinta Stefania Andreoli, la psicoterapeuta e scrittrice che, con il suo libro “Lo faccio per me”, edito Rizzoli, compie un percorso tra le convinzioni che appesantiscono il diventare mamme. Un libro che ribalta i falsi miti ed esalta le madri che sanno anche essere egoiste, nel rapporto con i figli, la vita di coppia e professionale. Ne risulta un modo nuovo di concepire i bisogni del bambino e i modi per soddisfarli, anche in assenza della madre. «Non se ne può più con questa idea che intende la maternità come qualcosa per cui immolarsi. Bisogna normalizzare una serie di concetti».
Quando una donna diventa madre, sembra essere scontato che il bambino diventi il centro del suo mondo. La società porta le neo mamme a pensare di dover lasciare il proprio lavoro (o per lo meno a diminuirne le ore), a trascurare gli interessi personali, a mettere in secondo piano i rapporti di amicizia o il legame con il partner.
Qualunque decisione o impegno sembra dover essere automaticamente subordinato al bene del bambino: “lo faccio per mio figlio”, “La mamma è sempre la mamma”: slogan sentiti e risentiti che però, dice Andreoli, non è altro che uno «slogan da propaganda che serviva per tenere le mamme buone a casa e alla fine ci siamo quasi affezionate all’idea». I genitori sbagliano quando pensano di dover attribuire al figlio il senso della propria esistenza. Nell’esperienza dell’autrice essere genitori non è certo questo.
«Il momento giusto per mettere al mondo un figlio è quando si è già felici»: il senso dell’esistere va oltre i figli che, per di più, non devono essere gravati di questo peso. Quindi bene sentir dire a una mamma: “Lo faccio per me!“. Una frase che suona come egoista, che rende la donna che la pronuncia quasi non degna di quel ruolo. «Le ragioni sono storiche, culturali e legate ai falsi miti del sacrificio e dell’amore incondizionato e a una distorta interpretazione del famoso istinto materno».
Andreoli propone quindi l’idea che la maternità possa aggiungere ricchezza alla donna, aprirle un mondo nuovo e non chiuderla o privarla della propria vita personale. L’esistenza di una donna va oltre il suo essere madre, oltre la sua responsabilità nei confronti di un bambino. Soltanto “facendolo per sé”, trovando ciascuna il suo personale modo di fare la mamma – diverso dagli altri perché frutto della propria storia in quanto persona – sarà possibile liberare la maternità, rendendola sana, contemporanea e davvero utile per la crescita di un figlio e per il futuro della società.

