Lo scrittore e poeta Davide Rondoni regala a Mamme Magazine il suo ultimo libro di poesie (si può scaricare il volume qui) e rilascia un’intervista sui figli e sulla nostra società
di Manila Alfano
Usa il suo sigaro per mettere in fila pensieri che marciano precisi come soldati e sbuffa nuvole che sanno di foglie secche da riaccendere con la flemma di chi sa di avere fanti al suo comando. Così le parole di Davide Rondoni, poeta, scrittore e drammaturgo, escono con la forza di un esercito davanti al male che consuma il mondo: quando abbiamo perso la voglia di avere figli? Dove si è inceppato il modello di famiglia con cui siamo cresciuti?
Anche adesso, alla quarantaseiesima edizione del Meeting di Rimini, nato alla fine degli anni ’70 da un gruppo di amici che condividono l’esperienza cristiana, si ritrova ancora un popolo a parte, numeroso e appassionato, distante dal nichilismo che consuma il coraggio, in cerca di strumenti buoni da interpretare il mondo. Rondoni è da sempre una bussola anche per loro. Con Mamme Magazine lancia il suo ultimo libro di poesie: “La vita naturale” (Clandestino). Non a caso, sui bambini.
Perché viviamo in una società dove ci sono sempre meno figli?
“Abbiamo perso il senso creaturale. Un bambino che nasce oggi si sente meno benedetto, cioè di “andare meno bene a prescindere”: si sente meno creatura del mondo e si alimenta in lui uno stato d’ansia continuo. Una sorta di tensione continua verso qualcosa che lo riporti all’amore. E cresce così un continuo bisogno di conferme, in uno specchio, in una prestazione, in una relazione. Straziante se ci pensiamo”.
Visto così è angosciante.
“Abbiamo trasformato la nascita da benedizione a trauma da indagare, a oggetto di analisi, di ricerca. Ma non può essere questo il nostro orizzonte”.
C’è però banalmente un tema economico, non pensa che questo incida sulle scelte e sulle rinunce?
“L’aspetto economico non c’entra affatto. Basta guardare chi fa meno figli. Le società più ricche”.
E allora perché?
“Torniamo all’origine. Al bisogno di tornare a sentirsi creatura e non schizzi dell’universo. È questo che ti fa sentire parte di un tutto misterioso ma armonioso, dove tu, già per il solo fatto di essere nato, sei già perfetto così come sei, e ti senti amato. “Amare è l’occupazione di chi non ha paura”, ho scritto in una poesia. E Mario Luzi scrive: “amare, questo sì ti parifica al mondo”. Con l’ansia dell’abbandono, della continua ricaduta in un abisso di non voluto, non creato, non amato a prescindere, tutto questo si perde e sorge l’angoscia. Peggio: ti espone all’ansia di finire”.
Si riferisce alla paura della morte?
“Sì, e alla retorica della longevità, dell’ansia da prestazione che trascina verso la lettura distorta della vita appunto come una prestazione”.
Cos’è invece la vita?
“E’ provare, sbagliare, rialzarsi perché vai bene a prescindere, così come sei”.
Quando ci siamo persi?
“Quando abbiamo iniziato a censurare la nascita come scandalo, le abbiamo tolto la radice antropologica e quella religiosa. La madre è la creatura più potente del mondo ma la nostra cultura egotica ha smesso di indagare il mistero della maternità. Eppure per cinquant’anni siamo stati governati dalla Democrazia Cristiana un partito che ha goduto del sostegno della gerarchia ecclesiastica e raccolto gran parte del voto cattolico”.
E cosa c’entra la Democrazia Cristiana?
“C’entra eccome. Ha agevolato un modello sterile di famiglia. Ha reso la famiglia un eroismo borghese, un ideale mostruoso, lo ha agganciato a un prototipo borghese fondato sul buon nome da difendere e su un benessere economico. E poi la retorica ecclesiale ha dato il colpo di grazia: ha rotto sul concetto di tribù ovvero quell’ideale per cui il nucleo familiare è parte e in funzione della comunità. La Chiesa ipocrita sulle questioni erotiche da un lato e la retorica della famiglia borghese promossa dal consumismo e avallata dalla politica e dal Clero, dall’altro hanno lasciato questo deserto in cui ci muoviamo adesso per cui pare che la famiglia borghese sia quella cattolica. E viceversa”.
Per questo la natalità non è più un tema attrattivo?
“In tutte le culture del mondo, da sempre, la madre è stata considerata una divinità, con una forza potentissima. La nostra cultura invece, dall’illuminismo in poi, l’ha censurata. Perché ha paura del sacro che nel rapporto con la nascita e con la morte diventa una dimensione inevitabile, scoprendo la vera natura umana. Un’idea della crisi della civiltà la dà Eliot in La terra desolata quando la figura femminile investita di valore sacro, la Sibilla, scompare. Quella morte segna l’inizio della desolazione. Non è quello che sta succedendo a noi?”.
Cosa dobbiamo fare?
“Intanto riconoscere che l’ansia è un problema con un fondamento religioso che ha a che fare con l’affidamento, con il senso creaturale, con il senso di una appartenenza cosmica. Occorre tornare a sentire di avere un posto nell’universo: la creaturalità di Giussani, quella consapevolezza della propria condizione di creatura, ovvero di essere stati voluti e amata da Dio e di farne esperienza. Attenzione, non un concetto astratto ma un’esperienza concreta, nella vita quotidiana, nella relazione con la realtà e con gli altri, la tribù-comunità appunto come modello in antitesi a quello fallimentare della famiglia borghese ingabbiata, soffocata, in un trilocale, concentrata a pagare bollette e a difendere il suo buon nome. Non è un caso che quando si vedono ancora famiglie numerose in giro, il primo sospetto è: mica saranno dei cattolici?”.
E qui il poeta ride, come uno che sa che l’allegria e l’ironia sono segni di un viaggio profondo.
Il regalo ai nostri lettori
Il libro è scaricabile a questo link: La vita naturale-poesie D.R

