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Zona rossa e asili nido chiusi: cosa cambia

Le nuove misure entreranno in vigore da lunedì 15 marzo e saranno valide fino al 6 aprile: nelle zone rosse gli asili nido saranno chiusi.

Dopo appena pochi giorni dall’entrata in vigore del primo DPCM dell’era Mario Draghi, si torna al tavolo dei lavori. D’altronde, la curva dei contagi continua salire ed è quindi necessario intervenire. Inoltre, le famiglie si chiedono se ci saranno ulteriori novità circa le istituzioni scolastiche. Zona rossa e asili nido chiusi: le nuove misure.

Zona rossa e asili nido chiusi

Il decreto che coprirà il periodo dal 15 marzo al 6 aprile è stato varato poco fa dal Consiglio dei ministri. Tra le varie cose, prevede il passaggio in zona arancione per tutte le regioni che erano in zona gialla. A questo si aggiunge il probabile passaggio in zona rossa di alcune regioni che sarà deciso oggi. Si attende infatti il consueto monitoraggio dell’Istituto superiore della sanità con le ordinanze del ministro della Salute Roberto Speranza. Queste sono misure che segnano una stretta significativa e che prevedono nuove limitazioni per il mondo della scuola.

Infatti, secondo le precedenti misure gli asili nido continuavano a rimanere aperti anche in zona rossa. Questo nonostante i contagi in queste strutture siano ridottissimi: a febbraio, su un campione di 276 aziende lombarde e 7 mila 708 piccoli allievi, se ne contavano solo 29 (lo 0,38 per cento). D’altro canto, però, la terza ondata deve essere ridimensionata quanto prima e la presenza delle varianti, in grado di diffondersi più velocemente tra i più giovani, fa paura. Per questo motivo si è chiarito quanto precedentemente deciso nel DPCM del 2 marzo scorso: nelle zone rosse tutti i bambini dovranno restare a casa e quindi anche gli asili nidi saranno chiusi.

Quindi nelle zone rosse tutti i bambini dovranno restare a casa. E la didattica a distanza ovviamente non riuscirà a sostenere lo sviluppo dei piccoli negli asili.

Varianti Covid e bambini: cosa sappiamo

Dall’inizio della pandemia le fasce giovani della popolazione sono sempre state quelle in cui l’infezione da coronavirus ha dato meno problemi, con la stragrande maggioranza di casi asintomatici o manifestazioni lievi. I motivi per cui bambini e adolescenti rispondano meglio all’attacco del virus non sono ancora chiari, ma ci sono diverse ipotesi basate sulle differenze biologiche rispetto agli adulti.

Le varianti del virus – inglese, brasiliana, sudafricana – prendono piede e l’attenzione sui bambini e sui ragazzi è alta. A oggi, le varianti del nuovo Coronavirus che suscitano le preoccupazioni maggiori si caratterizzano per mutazioni della proteina nota come “spike”, cioè quella proteina virale che consente allo stesso virus di “agganciarsi” alle cellule dell’organismo ospite.

Alberto Villani è il presidente della Società italiana di pediatria (SIP) e componente del Comitato tecnico-scientifico (CTS). Interpellato sull’argomento, ha spiegato che “i bambini e i ragazzi sono più coinvolti perché le varianti sono più diffusive. Per quanto riguarda la gravità della malattia dei bambini, al momento non c’è documentazione, nel senso che i ragazzi continuano ad avere una capacità di resistere alla malattia grave rispetto alle persone in età avanzata”.

Scritto da Francesca Belcastro
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