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Talassemia in gravidanza: i rischi per il bambino

La talassemia è una malattia ereditaria del sangue che comporta anemia. In gravidanza può essere pericolosa. Ecco come prevenirla

La talassemia (dal greco thàlassa – ossia mare – e àima – ossia sangue) è una malattia ereditaria del sangue che comporta anemia, cioè una diminuzione della quantità di emoglobina utile al trasporto dell’ossigeno nel sangue al di sotto dei livelli di normalità. Può verificarsi anche in gravidanza.

Anemia mediterranea

Si chiama talassemia mediterranea (o talassemia di tipo Beta) perché è una malattia particolarmente diffusa tra coloro che vivono in ambienti paludosi o acquitrinosi. I sintomi variano in funzione dello stadio: in alcuni casi è addirittura asintomatica, in altri i sintomi sono gravi o molto gravi: stanchezza, pallore, problemi all’apparato scheletrico, milza ingrossata, pelle giallastra, urina scura e crescita lenta tra i bambini, sono tutte situazioni più o meno frequenti. Le talassiemie sono malattie genetiche e pertanto si ereditano dai genitori. La diagnosi viene in genere formulata grazie a test sull’emoglobina o a test genetici, possibili grazie a semplici esami del sangue. La diagnosi può essere fatta anche prima della nascita grazie a test prenatali.

Anemia in gravidanza

L’anemia in gravidanza è piuttosto frequente: si calcola un’incidenza pari al 40 per cento delle future mamme. Per prevenirla, le donne gravide dovrebbero per prima cosa curare la propria dieta, che deve essere bilanciata e ricca di tutti gli alimenti. Non devono quindi mancare carne, uova, pesce, cereali e legumi, poiché ricchi di ferro, ossia il minerale indispensabile per la sintesi dell’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi. Durante l’attesa, soprattutto nel secondo e terzo trimestre, il fabbisogno di ferro della donna infatti aumenta. Occorre dunque compensare, per non andare in carenza.

Rischi e conseguenze

Oltre ad avere ricadute negative sull’organismo della mamma, l’anemia può interferire con l’ossigenazione del feto, con evidenti gravi, se non gravissime, conseguenze. È importante, pertanto, prevenire il disturbo e, se si manifesta, trattarlo tempestivamente prima che la situazione si aggravi. E allora che cosa fare? La parola d’ordine è prevenire: conoscere le condizioni della donna all’inizio della gravidanza permette di intercettare le situazioni a rischio. Pertanto, non appena si è consapevoli di essere incinta, occorre fare un esame del sangue che controlli i valori di emocromo, sideremia, ferritinemia e transferrinemia. In seguito, durante l’attesa, occorrerà sottoposti a emocromo completo con una certa scadenza, ossia tra la 28esima e la 32esima settimana e poi, ancora, tra la 33esima e la 37esima settimana. Del resto, sono queste le linee guida fornite dal Ministero della Salute.

Scritto da Emanuela Stifano
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