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Ipogalattia: cosa è, cause e rimedi

L'ipogalattia, quando la produzione di latte materno risulta essere insufficiente

Le future mamme, in particolare durante la prima gravidanza, arrivano a temere di non avere sufficiente latte per nutrire il proprio bambino. Quando ciò però diventa un problema concreto, si parla di ipogalattia. Vediamo insieme di cosa si tratta!

Ipogalattia: cosa è

Con ipogalattia si fa riferimento alla scarsa produzione di latte da parte della mamma per sfamare il proprio bambino. Tale condizione si può sviluppare sin dalla nascita o insorgere a causa di una cattiva alimentazione e diverse malattie. Le cause principali dell’ipogalattia sono da riferirsi alla scarsa produzione di prolattina o ad un difetto di trasmissione del riflesso di suzione a livello celebrale. Le donne che hanno poco latte materno non sono tantissime, infatti si tratta di casi molto rari: circa il 5% delle donne che partoriscono presentano una scarsa quantità di latte, o proprio nulla. Tale situazione deve essere affrontata con il pediatria, in quanto è proprio lui che riconoscerà se la donna soffre effettivamente di ipogalattia o meno o se la mancanza di latte materno sia dovuta ad altre problematiche, come ad esempio un’infezione in corso. Nel caso in cui il medico risconterà la presenza dell’ipogalattia, è necessario procedere con degli accertamenti per trovare la causa del problema e la giusta cura. Per prima cosa si procederà con il valutare con che tipo di ipogalattia si ha a che fare: primaria o secondaria.

L’ipogalattia primaria e secondaria

La prima cosa che il pediatra valuterà è che tipo di ipogalattia presenta la mamma e cioè se è di tipo primario o secondario. Se l’ipogalattia risulta essere primaria, le cause saranno da attribuirsi alla salute della mamma, ma solo il 5% dei casi risulta essere collegato a problemi nella madre. Non si tratta di comuni complicanze di salute, ma di gravi condizioni come la Sindrome di Sheenan, una complicanza post parto, l’ipotiroidismo, sindrome causata da una insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livello dei vari tessuti, ma che se riconosciuta permette lo stesso l’allattamento. E ancora, la ritenzione della placenta che, se non viene curata, impedisce alla madre di allattare il proprio bebè. L’ipogalattia primaria si presenta immediatamente e mai dopo i primi mesi.

L’ipogalattia secondaria, invece, è la scarsità di latte dovuta a fattori esterni che disturbano l’allattamento come l’uso di ciucci o biberon, il fatto che la mamma non attacchi correttamente al seno il bambino e che non allatti a richiesta. Questa è una condizione più frequente rispetto all’ipogalattia primaria. Qui l’allattamento può essere riportato al suo corretto svolgimento grazie all’aiuto di figure specializzate.

I campanelli d’allarme dell’ipogalattia

E’ bene chiarire poi quando effettivamente ci troviamo di fronte ad una situazione di ipogalattia. Ci sono dei segnali evidenti che portano a pensare che è insorto tale problema. Innanzitutto lo scarso aumento di peso del bambino e il suo poco sviluppo sono da tenere in considerazione. Il bambino che si nutre correttamente aumenta di circa 150 grammi ogni settimana e la soglia minima dell’aumento è di 125 grammi per i primi tre mesi. Altro fattore da controllare sono i pannolini bagnati: nella norma dovrebbero essere circa sei durante tutto l’arco della giornata. Inoltre, in caso di insufficiente alimentazione nel bambino, l’odore delle urine risulta essere aspro e il loro colore molto più scuro e il bambino può apparire sonnolento, ipotonico e lamentoso.

Scritto da Alice Sacchi
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