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Epatite B in gravidanza: cosa fare, sintomi e cure

Se si contrae l'epatite B in gravidanza, questa può essere trasmessa al feto e può diventare pericolosa: quali sono i sintomi e cosa fare in questo caso.

L’epatite B in gravidanza può rivelarsi davvero pericolosa per il bambino. A seconda del momento della gravidanza in cui la mamma si trova ci sono più o meno possibilità che questa possa essere trasmessa al bambino. Le probabilità aumentano in maniera esponenziale man mano che la gravidanza va avanti. Ecco cosa fare se si contrae l’epatite B in gravidanza.

Epatite B in gravidanza: i sintomi

Le persone che contraggono l’epatite B sono spesso asintomatiche. Nei casi più gravi si possono sviluppare problemi come inappetenza, dolori muscolari, nausea, febbre e fastidi diffusi in tutto il corpo. A volte si può presentare l’ittero che rende la pelle di un colorito giallognolo; a questo spesso si accompagna la pigmentazione della parte bianca dell’occhio dovuto al mal funzionamento del fegato. L’unico modo per scoprire la presenza dell’epatite B è effettuare un test di screening che solitamente viene fatto nell’ottavo mese di gestazione. Attraverso la ricerca della presenza di anticorpi HBsAg si potrà quindi scoprire se la mamma è entrata o no in contatto con il virus. In caso di test negativo vuol dire che mamma e bambino saranno sicuramente sani, invece se il test è positivo bisogna fare in modo che la malattia non passi al piccolo attraverso il cordone ombelicale o durante la fase del parto.

Epatite B in gravidanza: cosa fare e la cura

In base al momento della gestazione in cui si trova la mamma quando contrae il virus dell’epatite B, ci sono più o meno probabilità che il feto la contragga. Se si viene in contatto con il virus nelle prime settimane di gravidanza c’è una buona probabilità che la cosa si risolva da sola senza bisogno di cure particolari. È sempre bene, per prevenzione, non avere scambi di oggetti strettamente personali, contatti di sangue o con i fluidi corporei con persone che non si sa se hanno o no gli anticorpi dell’epatite B. In questo modo si può essere quasi del tutto sicuri di non entrare in contatto con il virus. Inoltre è sempre consigliato controllare la presenza di anticorpi HBaAg, perché la particolarità di questa malattia è che solo in una percentuale abbastanza bassa si manifesta. Una volta che il bambino sano nasce da una madre sana sarà poi fatto il vaccino obbligatorio dal 1992 per evitare che possa essere infettato dall’epatite.

Le cure per un bambino nato da una mamma positiva all’epatite B

Se la madre allo screening risulta positiva si adotteranno precauzioni nel momento del parto. Il bambino verrà subito trattato con una specifica terapia subito dopo il parto in modo da curare fin da subito la malattia. I dottori somministreranno al neonato le immunoglobuline specifiche entro le prime 12 ore dalla nascita. In questo modo l’immunizzazione passiva e quella attiva avranno una maggiore incidenza di efficacia nella prevenzione mentre quella solo attiva previene nella maggior parte dei casi l’insorgenza della malattia. Un bambino contagiato dalla mamma in gravidanza o al momento del parto sarà spesso un portatore cronico per tutta la vita. I casi in cui il bambino possa sviluppare un’epatite acuta sono comunque molto bassi e rarissimi sono i casi in cui si presenti un’epatite fulminante.

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