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Come capire se un neonato è sordo e come comunicare con lui

Ci sono molti bambini che soffrono di malformazione all'apparato uditivo e già dalla nascita viene identificato dai medici. È importante sapere come riconoscerlo e come comunicare con un bambino sordo.

Circa tre bambini su mille nascono con una malformazione all’apparato uditivo. I motivi per cui un bambino nasca con problemi all’udito sono diversi. Potrebbe trattarsi di una malattia ereditaria, alla quale non è possibile trovare una cura, ma prestare un’assistenza continua per tutta la vita. Si tratta a volte di un’infezione dovuta a un virus e, nel caso, intervengono medicinali specifici. In altre circostanze si tratta solamente di un fattore temporaneo. Il bambino impiega più tempo a sviluppare perfettamente l’udito e nei primi mesi di vita, entro il compimento del suo primo anno, sembra che non risponda agli stimoli uditivi. Come si fa a capire se un neonato è sordo?

Come capire se un neonato è sordo

Nei primi mesi di vita il bambino produce delle lallazioni, ossia delle sillabe che sembrano corrispondere alle sue prime parole. A volte sono il classico “ma-ma” che può ricordare la parola “mamma”. Il funzionamento anomalo dell’apparato uditivo, in genere, viene riconosciuto entro il primo anno di età. Dopo aver pronunciato le prime sillabe, il bambino successivamente riesce a gestire i suoni che emette e, quando è leggermente più grande, assimila ciò che sente dal mondo che lo circonda e cerca di imitarlo ripetendo i versi che sente. Se questo procedimento non si verifica, si può considerare come un campanello d’allarme che qualcosa e non va e ci si deve rivolgere subito a uno specialista.

Molto spesso al neonato viene effettuato uno screening neonatale in cui se ci sono delle atipicità che definiscono il bambino, vengono identificate immediatamente. Questo permette un intervento tempestivo nella problematica del bambino, fondamentale per trovare un’eventuale cura o studiare la migliore assistenza di cui può aver bisogno.

Bambini sordi: come comportarsi

La prima regola ricordare quando ci troviamo a comunicare con un bambino sordo è: non ignorarlo. Tutti i bambini, anche se sono piccoli, voglio sentirsi i protagonisti in ogni situazione. Hanno bisogno di essere al centro dell’attenzione, anche se la circostanza non lo prevede. Se si tratta di un bambino sordo può capitare frequentemente che venga lasciato in disparte perché risulta più semplice comunicare con i genitori piuttosto che con lui. Questo è un atteggiamento sbagliato da adottare, anche se involontario, perché il bambino si sente escluso dalla situazione e, non capendo e non essendo in grado di attirare l’attenzione su di sé, si sente escluso. Così facendo potrebbe formarsi un ritardo nello sviluppo cognitivo del bambino, in ambito sociale, relazionale e successivamente scolastico.

I bambini sordi tendono a interagire con altri bambini sordi perché si sentono più accolti e mai esclusi. È importante che il bambino si senta così anche in altri contesti, specialmente per quando andrà a scuola, dove sarà necessario creare degli ambienti in cui i suoi bisogni sono ascoltati e dove le relazioni e lo sviluppo vengono messi in primo piano. Il bambino si deve trovare in un ambiente che tiene conto dei suoi punti di forza e debolezza, al fine di aiutarlo ad apprendere e interagire con più facilità, coinvolgendo anche in maniera diretta i genitori.

Come comunicare con un bambino sordo

Ci sono diversi modi in cui un bambino sordo può comunicare con chi non lo è. Prima di tutto, esistono degli apparecchi uditivi che permettono di sopperire almeno in parte alla sordità del bambino, aiutandolo quindi ad apprendere e capire meglio l’ambiente attorno a lui.

Quando la sordità è più grave, si può intervenire con la lingua dei segni. Si tratta di una lingua riconosciuta vera e propria che si impara da piccoli, ma può essere appresa anche dall’adulto che ha un figlio sordo. Nella lingua dei segni, ogni parola corrisponde a un segno mimato con le mani e con le braccia. Non è universale in quanto ogni Paese ha la propria lingua dei segni. Contemporaneamente a essa, ci si può approcciare al bambino con un linguaggio orale, che comprende espressioni facciali, mimica e gestualità e parlare in modo tale che il bambino riconosca le parole dal labiale. Adottando entrambi i metodi di comunicazione, si parla di bilinguismo.

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