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Bambini introversi: cosa significa e come aiutarli

Aiutare un bambino introverso significa non farlo sentire diverso o etichettato, ma questo non basta: servono dei metodi per non farlo sentire tale.

I genitori che hanno bambini introversi si chiedono come possano aiutarli. Nel mondo in cui viviamo, i bambini introversi vengono spesso etichettati per una “diversità”. È bene capire però che, ciò per cui si viene esclusi non è una diversità, bensì un semplice tratto caratteriale.

Bambini introversi: cosa significa

Essere introversi, soprattutto i bambini, non è sinonimo di diversità. L’introversione infatti altro non è che un modo di essere. Un bambino introverso è semplicemente un bambino che preferisce muoversi in spazi su cui sente di avere il controllo, a cui piace giocare con una persona alla volta se non addirittura da solo, che ha piacere nel leggere, riflettere e godere della propria presenza. A differenza degli estroversi, i quali sono sempre alla ricerca di qualcuno con cui andare ad una festa, giocare in una squadra o ascoltare musica ad alto volume; i bambini introversi amano e si trovano a proprio agio soprattutto nelle situazioni opposte. Ma è davvero da considerare un difetto?

Bambini introversi: come aiutarli

Come aiutare i bambini introversi? Il primo errore da evitare è quello di etichettare il proprio figlio come timido o introverso. È profondamente sbagliato se non addirittura pericoloso addossare un epiteto del genere perché, soprattutto in tenera età, è molto facile che il bambino interiorizzi il concetto e non riesca mai più a superarlo.

Il passo più giusto da fare è quello di metterlo a proprio agio in qualsiasi situazione, standogli vicino quando notiamo che si trova in un momento No ma incoraggiandolo invece quando vediamo che propende verso un certo gioco o un’attività.

Un esempio lampante è quello del padre che porta a tutti i costi il figlio a fare calcio. Per carità, niente di male in tutto questo, ma il suddetto papà è davvero sicuro che il proprio figlio si senta a proprio agio nel giocare in una squadra? Magari è un super tifoso, il calcio gli piace e ammira tantissimo i suoi beniamini, ma preferisce fare uno sport come il nuoto, il pilota o il tennista. E cioè sport individuali, dove si è soli con se stessi e ci si trova a proprio agio se si è introversi. Il famoso papà non dovrà prendere questo come una sconfitta personale ed etichettare il proprio figlio come diverso bensì appoggiarlo, incoraggiarlo e farlo sentire amato. Anche se questo significa non avere un figlio calciatore.

I quattro passi per evitare che il bambino si senta diverso

In primo luogo sarà necessario rassicurare il proprio figlio: nessuno è uguale a nessun’altro ed ognuno vive la propria interiorità in modo totalmente unico. Essere riservati non è un male e anzi, spesso, si può tradurre in forti doti intuitive, in capacità da leader e spiccata intelligenza.

Sarà poi necessario fargli capire il valore dei suoi legami affettivi. Valorizzare perciò le sue amicizie e fargli capire che non è da solo. Potrà contare su un certo numero di amici che gli vogliono bene. Importante oltretutto sottolineare che non è la quantità di amici che ha ad essere importante ma la qualità: può anche averne solo due o tre, ma se sono di qualità saranno tutto ciò di cui ha bisogno.

Il terzo punto si concentra sullo stimolo: incoraggiare il proprio figlio a fare sempre cose nuove e provare nuove esperienze. Mai ricadere nel convincimento però. Uno stimolo può essere utile all’apertura del suo carattere, un’opera di convincimento otterrebbe l’effetto opposto.

Siamo infine al quarto punto, e cioè incoraggiare le sue passioni. Può succedere che il bambino nutra passioni totalmente diverse da quelle dei genitori ma questo non significa che dovranno essere soffocate a favore di ciò che si pensa meglio per lui. Valorizzare le sue passioni lo farà sentire sicuro di sé e lo aiuterà per il resto della sua vita!

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