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Anemia mediterranea in gravidanza: i test consigliati

L'anemia mediterranea è una malattia del sangue ereditaria che può essere trasmessa ai figli, ma ci sono dei test studiati per prevenirla.

L’anemia mediterranea o beta-talassemia è una malattia del sangue ereditaria che comporta la distruzione precoce dei globuli rossi, una scarsa produzione di emoglobina e, di conseguenza, una ridotta ossigenazione di tessuti, organi e muscoli. I sintomi più diffusi sono stanchezza e debolezza, pallore, milza e addome ingrossati, sviluppo lento nel bambino o deformità delle ossa. Nelle forme più acute le conseguenze possono essere ben più gravi e causare forme di diabete, problemi di tiroide, disturbi cardiaci o riduzione della fertilità. Dato che si tratta di un difetto genetico ereditario può essere trasmesso dai genitori ai figli. Ci sono dei test per prevenire l’anemia mediterranea in gravidanza?

Quindi è molto importante che le future mamme e i futuri papà non si facciano cogliere impreparati ed effettuino una serie di esami per prevenire l’anemia mediterranea. Non ha importanza se soffrono o meno di questa patologia. Uno o entrambi i genitori potrebbero anche essere portatori sani e quindi essere malati, ma senza presentare alcun sintomo. Ma quali sono i test prenatali consigliati?

Anemia mediterranea in gravidanza: quali sono i test?

Per prevenire l’anemia mediterranea e capire se il bambino potrebbe nascere affetto dalla patologia, è opportuno svolgere alcuni accertamenti durante la gravidanza. Primo tra tutti, lo screening genetico. Entrambi i genitori devono sottoporsi al test genetico, poiché anche il futuro padre potrebbe essere affetto da anemia mediterranea e trasmetterla quindi al feto.

Lo screening genetico prevede una serie di analisi genetiche svolte su un campione di sangue o di tessuto. L’esame permette di determinare se c’è o meno il rischio di avere un bambino con una patologia genetica ereditaria. Nello specifico, gli esiti vanno a evidenziare la presenza di globuli rossi fragili, in numero inferiore rispetto al normale e con dimensioni irregolari. Le analisi sono raccomandate specialmente se uno o entrambi i futuri genitori sono portatori di anomalie genetiche o se fanno parte di gruppi etnici più esposti a contrarre la malattia. Nel caso in cui i risultati degli esami mettano in luce un aumento del rischio, è consigliabile effettuare altri test, che vanno ad analizzare il materiale genetico del feto. Si tratta della villocentesi e dell’amiocentesi.

Villocentesi e amiocentesi: i test per prevenire l’anemia mediterranea

Pur non trattandosi di un semplice prelievo del sangue, anche la villocentesi e l’amiocentesi sono dei test sicuri, un po’ fastidiosi, ma praticamente indolori. La villocentesi, ossia il campionamento dei villi coriali, e l’amiocentesi sono i test che è necessario effettuare nel caso in cui lo screening genetico abbia dato esito positivo.

La villocentesi prevede che, tramite un ago guidato da una sonda ecografica, vengano prelevati i villi coriali dalla placenta. I villi coriali derivano dall’uovo fecondato, di conseguenza dallo stesso tessuto che originerà poi l’embrione e il feto. Di norma l’esame si esegue tra la decima e la tredicesima settimana di gestazione.

Anche l’amiocententesi viene effettuata con le stesse modalità, ma in questo caso si preleva una piccola quantità di liquido amniotico. Tramite l’esame è possibile non solo verificare se il feto ha o meno l’anemia mediterranea, ma anche altre patologie, come malformazioni, fibrosi cistica, sindrome di down, glicogenesi o sordità congenita. A differenza della villocentesi, l’amiocentesi si pratica solo dalla quindicesima alla diciannovesima settimana di gravidanza e fornisce la risposta in tempi più lunghi rispetto al campionamento dei villi coriali.

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